Viviamo in tempi bui, un eterno presente ci ha fatto dimenticare da dove veniamo, qual è la nostra storia. L’Italia, forse più di ogni nazione del vecchio continente, non ha mai veramente fatto i conti con la pagina più cupa della sua storia nazionale, ostinandosi a edulcorare le proprie responsabilità nel periodo tra le due guerre.
di Mattia Sangiuliano
Purtroppo, per via dell'emergenza sanitaria, in questo anomalo 25 aprile - in un periodo in cui di normale e di ordinario è rimasto poco - le commemorazioni per la giornata delle Liberazione, ovviamente, non possono avere luogo. Quest'anno dobbiamo rinunciare al solito tripudio di piazze e di feste che, in questo giorno, si mobilitano per rendere omaggio alla giornata che ha segnato l'inizio di una nuova stagione per l'Italia intera.
In quest'occasione condivido il discorso che tenni lo scorso 25 aprile nella piazza del mio comune. Un'occasione che mi fu concessa dalla sezione locale dell'ANPI. Buona lettura.
25 aprile 2019 – «Ora e sempre Resistenza» di
Mattia Sangiuliano
Buongiorno a tutti. Vorrei ringraziare
l’amministrazione comunale per presenziare questo 25 aprile in piazza, le
istituzioni tutte, le forze dell’ordine, il corpo bandistico di Castelferretti
che da tradizione accompagna questa celebrazione.
È sempre bello per me, che sono fieramente
falconarese, e convintamente antifascista, ritrovarmi qua, in piazza Mazzini,
ogni sacro 25 aprile. È per me un grande onore dunque essere qua oggi, su
questo palco, come cittadino, accanto alle istituzioni comunali e poter parlare
per bocca di un’istituzione nazionale come quella dell’ANPI, l’Associazione
Nazionale Partigiani d’Italia.
È un’occasione ricca di significato questa che, ogni
anno, ci spinge in piazza per celebrare il 25 aprile, come data della
Liberazione, e la Resistenza, come realtà storica che ci ha portato ad essere
una democrazia, contro la tirannia del nazifascismo che nel ventennio più cupo
della storia ha oppresso il nostro paese.
Cosa sia stato il fascismo, quale volto abbia avuto
quel regime, ce lo ricorda bene questa piazza ancora oggi con un importante edificio
culturale intitolato a Piero Pergoli, illustre medico antifascista,
repubblicano, che subì varie intimidazioni e assalti da parte di squadristi,
venendo addirittura gambizzato – ferito a colpi di revolver – durante uno di
questi atti violenti nei suoi confronti e sequestrato, nel 1924, da un gruppo
di fascisti. Le violenze che il Pergoli subì non furono solo nel fisico, ad
opera di esecutori armati per conti di gerarchi invisibili: non meno importante
è quella violenza istituzionale che colpì il su orgoglio. Piero Pergoli infatti
si vide radiare dall’Albo dei Medici in quanto non allineato al regime. Il
fascismo era questo: un bavaglio che non ammetteva il dissenso. Pergoli però perseverò
nella sua attività di non-allineato al regime continuando a lottare con vigore
contro l’oppressione. Un uomo del suo calibro rappresenta un ideale di
Resistenza che ognuno di noi dovrebbe tenere bene a mente.
Persone che si opposero al fascismo, in nome della
libertà, ci sono state. È motivo di orgoglio per me sapere che nella mia
Falconara una via ed un’istituzione culturale, che preserva e veicola il sapere,
antidoto contro l’ignoranza che genera mostri, portino il nome di chi ha
sacrificato tanto in nome della libertà, della democrazia, del libero pensiero
e nella difesa della possibilità di esprimersi. Cose forse per noi scontate ma
che, all’epoca, non lo erano affatto. Per parafrasare una celebre frase «È
facile fare i fascisti in uno stato democratico, provate a fare i democratici
sotto il fascismo».
Viviamo in tempi bui, un eterno presente ci ha fatto
dimenticare da dove veniamo, qual è la nostra storia. L’Italia, forse più di
ogni nazione del vecchio continente, non ha mai veramente fatto i conti con la
pagina più cupa della sua storia nazionale, ostinandosi a edulcorare le proprie
responsabilità nel periodo tra le due guerre. In molti paesi d’Europa una
silenziosa marea nera fa riemergere lo spettro di quei principi feroci che mal
si sposano con le istituzioni democratiche e con i valori che ogni libero
cittadino deve difendere. Talvolta sono chiacchiere da bar, altre volte
occasionali commenti lanciati su qualche social; la più piccola crepa minaccia
di distruggere la diga. Bisogna riaffermare la democrazia come antidoto ad ogni
forma di deriva autoritaria. Dobbiamo oggi ripensare la partecipazione tornando
ad occupare gli spazi di dissenso, creare nuove occasioni di incontro, uscire
di casa e prendere le redini della politica facendola dal basso, partecipando
attivamente per la democrazia. Il partigiano e filosofo francese Stéphane
Hessel scrisse una delle frasi più significative che meglio riassume quello che
penso: «Creare è resistere. Resistere è creare».
La Resistenza, oggi, non è armata. Resistenza, oggi,
significa dire di “no” a ogni forma di negazione dei diritti, ad ogni forma di
prevaricazione nei confronti degli altri, donne e uomini. Come fecero persone
del calibro di Piero Pergoli. Abbiamo altre armi, ereditate dalla Resistenza,
che dobbiamo impugnare dentro e fuori le sedi istituzionali. Prima fra tutte la
nostra Costituzione, lascito della Resistenza partigiana, massima espressione
di antifascismo istituzionalizzatosi per la difesa dei diritti guadagnati. E un
altro importante documento che dovrebbe essere preso in mano dai popoli di ogni
nazione europea che ha visto versare sangue in nome di idee violente e
liberticide è la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
La Resistenza deve essere un esercizio costante,
quotidiano, deve essere ispirata dai frutti che la lotta antifascista fece
maturare dentro a quell’infausto regime che voleva reprimere ogni differenza di
pensiero. A chi dice che il fascismo è stato una “dittatura benigna” dobbiamo
rispondere che in questi paradossi noi non ci cadiamo: dittatura è il contrario
di libertà, il contrario di fascismo è democrazia. Preferisco vivere nella
peggiore delle democrazie che nella migliore delle dittature. Se sono nato
libero di pensare e di esprimermi non voglio morire imbavagliato e schiavo.
L’ART 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo dice: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in
dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire
gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza»
Pensiamo a quanti, durante il ventennio sono stati
colpiti dalle leggi così dette fascistissime. Proviamo a immaginare cosa
volesse dire essere obbligati ad aderire al partito unico per poter lavorare,
cosa volesse dire prostrarsi ogni giorno di fronte al regime per avere di che
mangiare; pensiamo alla guerra, alle vittime, al sangue di una generazione
mandata a crepare in Russia, nei Balcani e in Grecia. Pensiamo alla più grande
stortura scientifica che dall’Italia ha fatto scuola: il codice razziale;
pensiamo a ebrei e figli di ebrei, giovani e giovanissimi, perfettamente
italiani cui veniva interdetta l’istruzione, ai loro genitori cui veniva tolto
il lavoro, vietato l’accesso a servizi elementari perché reputati non più
italiani da un giorno all’altro.
ART 3 della Dichiarazione: «Ogni individuo ha diritto
alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona»
E allora, se da falconarese sono fiero di vedere un
edificio intitolato a Piero Pergoli non posso che sentirmi allo stesso tempo indignato
di vivere in una città in cui una via è intitolata ad Arturo Donaggio:
firmatario del manifesto degli intellettuali fascisti, il 21 aprile del 1925, e
firmatario del manifesto della razza, il 15 luglio 1938. Mi vergogno di vivere
in un comune che fa vanto nella proprio toponomastica di un nome così infame;
non mi sento rappresentato da un’amministrazione che, crogiolandosi
nell’immobilismo, fa strame dei valori della Resistenza lasciando una via
intitolata a chi non si è opposto a chi ha piegato l’intelletto ad uso e
consumo di una barbara politica fatta di odio e violenza, di discriminazione,
distruzione e morte. Sindaco, assessori, consiglieri comunali tutti: cancellate
quel nome!
Ora e sempre Resistenza.
Grazie per la vostra attenzione.
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