mercoledì 30 aprile 2014

“L'assenza” poesia di Guido Gozzano. La contemplazione come arte poetica.



Monet, Claude
"Ponte giapponese nel giardino di Giverny"
analisi e commento di Mattia Sangiuliano

Un bacio. Ed è lungi. Dispare 
giú in fondo, là dove si perde
la strada boschiva che pare
un gran corridoio nel verde.

Risalgo qui dove dianzi
vestiva il bell'abito grigio:
rivedo l'uncino, i romanzi
ed ogni sottile vestigio...

Mi piego al balcone. Abbandono
la gota sopra la ringhiera.
E non sono triste. Non sono
piú triste. Ritorna stasera.

E intorno declina l'estate.
E sopra un geranio vermiglio,
fremendo le ali caudate
si libra un enorme Papilio...

L'azzurro infinito del giorno
è come una seta ben tesa;
ma sulla serena distesa
la luna già pensa al ritorno.

Lo stagno risplende. Si tace
la rana. Ma guizza un bagliore
d'acceso smeraldo, di brace
azzurra: il martin pescatore...

E non sono triste. Ma sono
stupito se guardo il giardino...
stupito di che? non mi sono
sentito mai tanto bambino...

Stupito di che? Delle cose.
I fiori mi paiono strani:
ci sono pur sempre le rose,
ci sono pur sempre i gerani...
(da "I colloqui"; 1911)

Un bacio è il suggello che segna la separazione del poeta dalla donna amata mentre ella, si allontana da lui, fermo, immobile nella contemplazione di quel suo sparire “là dove si perde/ la strada boschiva”, nel verde. Alla descrizione della prima stanza, dello svanire dell'amata, si sostituisce l'azione del poeta che risale, ritornando ai luoghi in cui la donna si muoveva, facendola manifestare nei gesti e negli oggetti che della vita di lei fanno parte, riportandola, materiale e concreta agli occhi del poeta: dal “bell'abito grigio”, all'uncinetto, i romanzi che è solita leggere e, più in generale, ogni piccolo particolare che permea i suo gesti quotidiani. La forza del ricordo è talmente forte da permeare i gesti e le osservazioni del poeta di una mestizia che è il profondo senso di smarrimento scaturito dall'assenza dell'amata. Un vuoto che viene compensato dal ripiegarsi nella contemplazione e nella poesia stessa, intesa dannunzianamente come fusione tra arte e vita, se non addirittura in funzione di una sostituzione della vita con l'arte; in una ricerca poetica intimistica che attraversa lo stesso D'Annunzio per approdare a un proprio porto, ad una esperienza nettamente separato dal dannunzianesimo di inizio secolo.
Il poeta si abbandona anche fisicamente, in una sospensione che sembra la continuazione della cesura della strofa precedente ma ora ridimensionando la tristezza a una consapevolezza diversa: lei farà ritorno la sera. Il poeta s'immerge così nella contemplazione di un'attesa struggente, eco di quei valori nostalgici, ormai decaduti nel mondo a lui contemporaneo ma in grado di riprendere nuova vita nella poesia e in un'arte consapevole di questo tramonto, un'arte della vita quotidiana, dimessa ma sincera, traendo vigore dalla materia di un tempo in crisi da cui, la consapevolezza dell'inutilità della poesia non può che risolversi nel gioco dell'autoironia.
La tematica di una borghesia consapevole della propria condizione trova consonanza con l'ideale di un'arte testimone della crisi del proprio tempo.
La malinconia dell'assenza, del vuoto della donna, ma anche vuoto della funzione rivoluzionaria dell'atto poetico civile e impegnato, torna nella contemplazione immobile del mondo, verso una nuova consapevolezza di ciò che circonda il poeta; mentre intorno al poeta muore l'estate, sopra una pianta di gerani dal colore rosso si alza in volo una grande farfalla. Ancora una volta una sospensione chiude la strofe: la gioia della scoperta con una eco fanciullesca, segnata del ripetersi di epoché, di sospensioni, che chiudono graficamente il verso o la strofe in una tensione eterea verso qualcosa che invece non conclude, una sorta di stato d'animo che procede su un sentiero non tracciato, apparentemente interrotto, verso una destinazione evanescente, rappresentazione del perdersi nella contemplazione del mondo come appena scoperto.
Lo sguardo spazia, accarezzando il mondo: “L'azzurro infinito del giorno” sembra, in una similitudine, una “seta ben tesa”; però, nella luminosità del giorno, si può scorgere la luna che già vuole fare ritorno, ancora il ripetersi del desiderio del poeta di voler far giungere più in fretta la sera e la notte, momento del ritorno dell'amata, dunque ritorno che porti con se il colmare questa sua assenza.
Nel susseguirsi di immagini lo sguardo del poeta accarezza la superficie dell'acqua di uno stagno che riflette la luce del sole ma, in questo istante, “guizza un bagliore” tra il verde e l'azzurro: il sole si è riflesso nel rapido movimento di un martin pescatore sull'acqua, quasi rompendo l'immobilità della scena e del silenzio reso suggestivo dal cessare del gracidare della rana, in una fusione di immagini sensoriali che concorrono a dipingere la scena.
Il poeta ripete di non essere più triste di quella assenza ma semplicemente stupito se osserva il giardino. “Stupito di che?” si domanda, notando subito di non essersi mai sentito così bambino di fronte ad un spettacolo del genere, a immagini così ordinarie, comuni; così quotidiane, nella loro semplice esistenza.
Di che cosa si stupisce allora l'io lirico? In una parola “delle cose”. Di tutte le cose che lo circondano ma, chiudendo il componimento, osservando il giardino: dei fiori che sembrano strani, dopo essere stati osservati come con occhi diversi, con lo sguardo della purezza della fanciullezza me che sono pure sempre rose, o che sono pur sempre gerani; mentre il poeta rimane ancora sospeso nella contemplazione del mondo, colmando quella assenza che lo ha spinto a guardare le cose con uno sguardo diverso, riscoprendo una sorta di innocente purezza sopita.

Osservando il mondo con occhi diversi, il poeta è in grado di far vibrare ricche pennellate impressionistiche che concorrono a creare un quadro carico di piccoli dettagli, particolari ordinari, ma sublimati della loro ricchezza espressiva soprattutto per il valore che conservano in quanto nuova scoperta scaturita da uno sguardo diverso, capace di domandarsi, senza pretese, e di abbracciare il mondo con una semplice contemplazione. Una contemplazione eco di un'arte che è capace di dipingere le cose e l'animo del poeta, capace di sorprendersi degli oggetti e, nondimeno, della gioia che nasce dalla contemplazione stessa. La poesia è così in grado di ritrarre il mondo e il divenire dell'esperienza del poeta che, del linguaggio poetico, ha fatto la sua personale tavolozza con cui è in grado di ritrarre il mondo e le sensazione che in lui nascono, abbracciando così anche lo spettro di sfumature che raccolgono.

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