lunedì 7 febbraio 2022

“Funere mersit acerbo” di Giosue Carducci: un’accorata preghiera per due lutti familiari

La poesia, dal forte tributo virgiliano, alterna attimi di quiete e di vita ordinaria a immagini funeree, in un contesto straziante che avvolge tutto il componimento.


analisi e commento di Mattia Sangiuliano



 

O tu che dormi là su la fiorita

 

Collina tósca, e ti sta il padre a canto;

 

Non hai tra l’erbe del sepolcro udita

 

Pur ora una gentil voce di pianto?

 

 

5

È il fanciulletto mio, che a la romita

 

Tua porta batte: ei che nel grande e santo

 

Nome te rinnovava, anch’ei la vita

 

Fugge, o fratel, che a te fu amara tanto.

 

 

 

Ahi no! giocava per le pinte aiole,

10

E arriso pur di visïon leggiadre

 

L’ombra l’avvolse, ed a le fredde e sole

 

 

 

Vostre rive lo spinse. Oh, giú ne l’adre

 

Sedi accoglilo tu, ché al dolce sole

 

Ei volge il capo ed a chiamar la madre.

 

 

Oh tu che riposi sulla fiorita collina toscana, tuo padre dorme accanto anch’egli accanto a te; non hai sentito poco fa tra le erbe del sepolcro un puro, innocente, pianto? È mio figlio, che bussa alla tua porta solitaria: lui che portava come te il grande venerabile nome; anche lui lascia la vita, o fratello, che a te fu tanto dolorosa. Ah no! Mio figlio giocava nelle aiuole variopinte, e allietato anche dall’immaginazione; la morte lo prese con sé e lo portò alle vostre fredde e solitarie sponde. Oh, giù nei luoghi oscuri accoglilo tu, poiché al calore del sole volgerà il volto chiamando la madre.

La poesia di Giosue Carducci viene ispirata dalla morte prematura del figlio Dante, di appena 3 anni, avvenuta improvvisamente il 9 settembre 1870. Il sonetto è un’accorata preghiera al fratello, anch’egli di nome Dante (vv. 6-7), come il grande poeta, la cui vita fu però “amara tanto” (v. 8). Il fratello del poeta, infatti, morì di morte violenta in circostanze misteriose all’età di vent’anni. Nella terza strofa (v. 9) il poeta, dopo aver paragonato la morte del figlio a quella del fratello si corregge e coglie il momento per parlare della vita felice – anche se breve – che conduceva il primo quando venne avvolto dalla morte (v. 11). La poesia alterna, così, immagini di quiete e di vita ordinaria a immagini funeree, in un contesto straziante che avvolge tutto il componimento. Un’unica poesia parla di due lutti che hanno funestato la vita e la famiglia del poeta.

Il sonetto è costituito in prevalenza da endecasillabi il cui schema si risolve in un tradizionale ABAB ABAB CDC DCD, dove le ultime due stanze, solitamente più soggette a variazioni, in questa poesia rispettano un andamento più discorsivo riprendendo una soluzione di rime alternate – in continuità con le prime due quartine.

In alcuni casi – nei versi più lunghi – il poeta abbandona l’endecasillabo e utilizza soluzioni metriche più originali, formalmente meno tradizionali. Ne è un esempio il verso 13. Il verso è composto da un senario, con l’accento tonico sulla quinta sillaba [cà-po] e da un settenario con accento tonico sulla sesta sillaba [mà-dre]. Una soluzione composita che, senza tradirne la musicalità, consente versi lunghi e articolati.

In altri versi è molto marcata la presenza della sinalefe che garantisce maggiore unità all’interno dei versi e conferisce un andamento più scorrevole e musicale; si veda ad esempio il verso 8 in cui la parola “fugge” lega con la “o” successiva [Fug-ge͜ o fra-tel] o al verso 12 “spinse” lega con il successivo “oh” [lo spin-se.͜ Oh giù ne l’a-dre].

Il ritmo della poesia è dato da un sapiente uso dell’anastrofe che, invertendo alcuni elementi della frase fa cadere la rima di fine verso con molto naturalezza: questo avviene ai versi 3, 5, 12 e 13. L’andamento e il ritmo della poesia viene mantenuto costante da un sapiente uso degli enjambements: ai versi 1-2 (“fiorita/ collina Tosca”), ai versi 6-7 (“santo/nome”), 7-8 (“la vita/fugge”) e ai versi 11-12 (“fredde e sole/vostre rive”) esattamente a legare due strofe.

Il titolo del componimento, suggerito da un emistichio dell’Eneide, libro VI vv. 429-430: «Dulcis vitae exsortis…/ abstulit atra dies et funere mersit acerbo» (ancora ignari della dolce vita… la negra morte li rapì e li travolse prematuramente), chiarisce l’impianto tematico complessivo. Carducci invoca con una preghiera il fratello Dante affinché accolga il figlio del poeta. I due non condividono solo il nome ma anche il destino infelice che ha sovrastato entrambi – pur nelle differenze che il poeta non manca di rilevare. Una tenue consolazione per il poeta potrebbe essere sapere che il fratello sia una guida per il figlio. C’è una forte consonanza tra zio e nipote ricongiunti nella morte, in cui il più grande, novello Virgilio, potrebbe essere identificato quale guida che accompagni il piccolo Dante appena scomparso.


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