domenica 30 ottobre 2016

“La fine è il mio inizio” – Dylan Dog speciale n°30

recensione di Mattia Sangiuliano


Buone nuove da “Il pianeta dei morti”. Dopo La casa delle memorieLa fine è il mio inizio: questo il titolo e – felice – postilla che ci rammenta la nuova direzione presa da questa testata annuale, scegliendo di seguire le vicende di un brizzolato e un po' disilluso Old Boy, in un futuribile salto avanti nel tempo; verosimile esito di una scelta fatta dal nostro Dylan, in un antefatto non privo di una dolente nota di rimpianto, che ha portato il mondo ben oltre l'orlo del baratro. E dell'incubo.


Storia densa di significato, può prestarsi a varie interpretazioni a seconda del livello che scegliamo di leggere, tutt'altro che semplice e banale. Mai dare per scontato il nostro Dylan, men che meno nelle testate fuori di quella regolare. Questa lezione ce la impartisce il buon Alessandro Bilotta che, dopo essersi cimentato nella riuscitissima “macchina umana”, con questo numero speciale ci dimostra di saper tenere salde le redini di questo suo soggetto distopico dibattentesi tra immemori e ritornanti. Due drammatiche facce della stessa medaglia.




Se nel caso della serie regolare siamo stati rapiti dalle vere e proprie esplosioni a tutta pagina di illustrazioni piene e dense, le testate parallele – come questa – non abbandonano i binari del più rigido formato bonelliano, incasellato nella sua forma, da quella struttura ben ordinata che racchiude il comparto grafico. Nonostante ciò, ben si destreggia negli angusti spazi delle celle bonelliane il nuovo Giulio Camagni, dal tratto curato che, nonostante qualche semplificazione, riesce a dilatare gli spazi fisici e mentali della storia, coerentemente in tutte le 160 pagine dell'albo.


Dylan Dog, sempre lui. O quasi. Il nostro eroe sembra essersi lasciato andare; inizialmente meno combattivo si lascia cullare dai fumi che lo costringono in quell'Oasi in cui ha cercato riparo, tra le braccia di Sybil. L'incontro con il misterioso e gnostico Simon Herbert – chiave di volta scelta da Bilotta per nuove rivelazioni – lo spingerà all'azione e, tra le righe, ci ricorderà a modo suo che il male, come la materia, non si crea ne si distrugge: cambia solo forma.


A volte ritornano. Persone – tramutate – e ricordi – deformati. Disumanizzate, ma non fino in fondo le prime, frammentati i secondi. Un'eco che confonde e distrae, un mare di citazioni che annebbiano la mente del nostro eroe un po' appannato; una chiamata all'avventura che ha il sapore di un ritorno all'ordine, tra vecchie conoscenze e nuove rivelazioni. Come l'Odisseo omerico ritiratosi sull'isola della maga Circe, il nostro Dylan si libererà dal giogo dell'incanto e dell'oblio.

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