Recensione di Mattia Sangiuliano
Un passato oscuro e
macchiato di sangue da cui è difficile liberarsi si muove sotto la
superficie, grava come un macigno il peso di una colpa che non è la
propria; questo il macabro gioco che il destino conduce ai nostri
danni. “Se guardi troppo a lungo nell'abisso, l'abisso guaderà
dentro di te” è la frase nietzscheana colta a pennello per la
storia scritta da Matteo Casali. Dylan segue nel baratro di
una memoria soggiogata e offesa, il suo nuovo cliente: Holden –
come quel giovane protagonista del romanzo di Salinger,
esatto. Peculiarità di questo cliente? Una forte ipertimesia,
sindrome che gli permette di ricordare tutto, fino al più piccolo
dettaglio della sua vita ma che, in maniera distorta, gli consente
anche di sintonizzarsi con alcuni killer. E di vivere i loro omicidi.
Marco Nizzoli
ci guida in questo albo miscelando abilmente le sue chine; una
sequenza descrittiva semplice ed essenziale dà l'avvio alla storia:
l'apertura di un pozzo visto dall'interno ci dice che siamo sul
fondo, metafora della condizione di prigionia e, al contempo,
immagine di salvezza; metafora-immagine, questa, che attraversa
l'intero albo. Nelle pagine successive l'essenzialità lascia il
posto all'accuratezza: una deflagrazione di particolari ci catapulta
sulla scena, al seguito del tormentato Holden, alla ricerca di incubi
tutt'altro che immateriali. Nizzoli alterna alle descrizioni tavole
più pulite, soprattutto per i primi piani e per i connotati dei
personaggi, rievocando nell'insieme i tratti di quella “magnifica
creatura” da lui
firmata.
Più
il nostro investigatore scende nel gorgo di questa vicenda umana, che
è la somma degli orrori che il giovane Holden è obbligato a vivere,
costretto com'è a guardare la parte peggiore e distorta
dell'umanità, più il nostro Dylan viene anch'egli osservato,
scrutato. Qualcosa di oscuro, qualcosa di ormai sepolto sotto le
sabbie del suo passato, tracima nel nuovo cliente. Dylan sarà
costretto a guardarsi dentro, sul fondo di un ricordo rimosso, caduto
nell'oblio, e a fare i conti con sé stesso.
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