recensione
di Mattia Sangiuliano
Una
stella cadente – sprofonda negli abissi di un inferno insondabile. Poco
prima di toccare rovinosamente il fondo invoca l'aiuto del nostro Indagatore.
Storia a misura di cineasta, trascinerà il nostro Dylan in un vero incubo ad
occhi aperti. Soprusi e violenze sono il pane quotidiano di sciacalli che si
cibano di questo truculento marciume. Passaggi dell'azione finale capaci di
evocare, in un pastiche ben riuscito, il tarantiniano “Bastardi senza gloria”.
Donne
– sempre loro le vittime designate. Lo scopriamo già dall'illustrazione di
copertina partorita da Angelo Stano, minimalista e cruento al punto
giusto (mi ha fatto venire in mente un Miller e il sempre citato – tutte le volte che si vede qualcosa di crudo in bianco e nero, nda – Sin City, a misura di
Dylan Dog però). La vittima è in primo piano e l'Indagatore non fa attendere la sua
entrata in scena. Azzeccata la cromia della copertina, ferisce gli occhi,
graffiante quanto il significato che racchiude tra quella tonalità in scala di
grigi macchiata di sangue; buona persino la scelta del gelido grigio
metallizzato che racchiude il nome della testata.
Dramma
e splatter – sono i toni dell'albo, capaci di evocare un riesumato Hostel
con una discreta sottotraccia di thriller che muove l'azione iniziale e guida
l'indagine, si nasconde, riemergendo poi alle battute conclusive in un epilogo
che lascia in bocca il sapore del meta-racconto; fa da sponda la scelta
dell'intreccio per questa trama scritta da un maestro del genere quale Pasquale
Ruju, in cui la fotografia del finale è la ciliegina sulla torta.
L'accoppiata
– Davide Fumò e Pasquale Armitano ai disegni ci fa sprofondare
nel più impietoso clima di violenza di genere che – oserei dire – la serie
regolare abbia mai visto; nulla da invidiare neppure ad una reinterpretata
Arancia Meccanica o a qualche Funny Games. Estremamente azzeccato il
titolo-monito che accompagna l'albo.
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