lunedì 1 maggio 2023

La strage di Portella della Ginestra. Una storia che ci parla di lavoro, rivendicazioni sociali e legalità.

di Mattia Sangiuliano

Come da tradizione il Primo Maggio non è solo festa e svago ma un momento di riflessione sul presente che stiamo vivendo, come lavoratori – precari e non - e come cittadini. La vicenda della strage di Portella della Ginestra, ci ricorda la necessità di non scindere mai la questione del lavoro dalla lotta per la legalità.

Renato Guttuso, Portella della Ginestra (1957)

Come da tradizione il Primo Maggio non è solo festa e svago ma un momento di riflessione sul presente che stiamo vivendo, come lavoratori – precari e non – ma anche come semplici cittadini. Il Primo Maggio è una giornata ricca di significato che, dagli albori della sua istituzione, porta il peso delle molte vite soffocate nelle lotte per le rivendicazioni che hanno avuto come fulcro il tema del lavoro. Dai primi movimenti sindacali che si sono battuti per la riduzione della giornata lavorativi e per richiedere luoghi di lavoro meno insalubri e più sicuri, si è fatta molta strada. Ma il percorso per incrementare dignità e diritti dei lavoratori è ancora lungo.


In questa occasione è anche doveroso ricordare un avvenimento che colpì duramente l’Italia.

Il primo maggio 1947 avvenne uno dei più efferati e violenti episodi che macchiò indelebilmente il secondo dopoguerra italiano. In località Portella della Ginestra, passo della Sicilia settentrionale situato tra Piana degli Albanesi e la valle del fiume Jato, la banda di Salvatore Giuliano fece fuoco su una folla di duemila lavoratori e manifestanti causando la morte di quattordici persone. Undici persone morirono sul posto mentre altre tre morirono successivamente a causa delle ferite riportate. Rimasero ferite oltre 30 persone.


Molte teorie si sono interessate di questo cruento passaggio della nostra storia contemporanea. I mandanti dell’azione non sono ad oggi noti con certezza, non si hanno però dubbi circa la loro provenienza. Si è quasi sicuramente trattato degli ambienti che potevano giovare da un’azione violenta di questo tipo, con particolare attenzione agli ambienti politici collusi con quadri della malavita regionale e organizzazioni autonomiste.


Oggetto dell’attacco furono le lavoratrici e i lavoratori in un’azione intimidatoria e – allo stesso tempo – di stampo punitivo che aveva come obbiettivo ribadire chi era il detentore del potere locale, amministratore della giustizia e dispensatore di sentenze. Nonché esecutore di condanne. A Portella della Ginestra, infatti, circa duemila persone stavano manifestando contro il latifondismo e festeggiando la vittoria della coalizione del PCI e del PSI che si era presentata alle elezioni dell’assemblea regionale siciliana con il nome di Blocco del Popolo. Nei mesi successivi si verificarono ulteriori assalti e attentati alle sezioni locali del PCI.


La vicenda della strage di Portella della Ginestra inquadra molto bene la situazione di incertezza e insicurezza in cui lavoratrici e lavoratori si trovarono a vivere, addirittura in un contesto relativamente pacificato come quello dell’Italia unita e liberata del secondo dopoguerra. La permanenza di strutture clientelari parastatali e di sacche di illegalità organizzata, che si nutrono dell’incertezza, hanno sempre minato – e continuano a minare – le strutture del paese. La lotta dei diritti sociali, delle lavoratrici e dei lavoratori, deve essere necessariamente unita alla questione della legalità, per garantire il pieno rispetto dei diritti della persona.

Un’idea e un fine che è necessario ribadire anche oltre il Primo Maggio. 


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