giovedì 6 gennaio 2022

“Sonetto d’Epifania” di Giorgio Caproni. Immagine di vita e di morte tra laicità e religiosità.


La poesia di Giorgio Caproni è caratterizzata da una continua ricerca espressiva capace di reinventare le forme stilistiche tradizionali del comporre. Da un punto di vista del contenuto, già nel primo Caproni, in sottotraccia troviamo istanze e tematiche laiche che attraversano, sviluppandosi con coerenza, tutta la sua produzione.

Analisi e commento di Mattia Sangiuliano


La Adorazione in un quadro di Albrecht Durer
La Adorazione in un quadro di Albrecht Durer.


 

Sopra la piazza aperta a una leggera

 

aria di mare, che dolce tempesta

 

coi suoi lumi in tumulto fu la sera

 

d'Epifania! Nel fuoco della festa

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rapita, ora ritorna a quella fiera

 

di voci dissennate, e si ridesta

 

nel cuore che ti cerca, la tua cera

 

allegra - la tua effigie persa in questa

 

tranquillità dell'alba, ove dispare

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in nulla, mentre gridano ai mercati

 

altre donne più vere, un esitare

 

d'echi febbrili (i gesti un dì acclamati

 

al tuo veloce ridere) al passare

 

dei fumi che la brezza ha dissipati.

 

È la sera dell’Epifania e una leggera aria proveniente dal mare spazza la piazza su cui si agitano numerose luci. Nella concitazione estatica dei festeggiamenti riaffiora, in mezzo alla turba di quelle grida invasate, e si sveglia nel cuore di chi stava cercando, il tuo viso solare; la tua immagine smarrita nel momento in cui sorge il sole svanisce infine nel nulla quando altre donne, in carne e ossa, gridano nei mercati. Persistono ancora per poco residui frenetici della baldoria appena trascorsa (le cose che una volta festeggiavi con la tua pronta risata), che il vento leggero porta via con sé.

 

La poesia, contenuta nella raccolta Finzioni (1941), è attraversata da una continua tensione tra due poli opposti: da un lato, come fa intuire il titolo, il contesto è un clima di festa che coinvolge lo stesso io lirico del poeta; dall’altro lato un ricordo, che sboccia improvvisamente, porta con sé un forte debito di caducità e di morte. La scelta di alcuni lemmi ben precisi rende estremamente concreta una dimensione mortuaria: «cera» (v. 7) ed «effige» (v. 8) riferite all’immagine della donna fanno supporre la sua morte.

 

Da un punto di vista contenutistico l’Epifania cristiana, la Rivelazione di Cristo, viene traslata in una sorta di Epifania umana diversa da quella religiosa. La manifestazione ultraterrena della donna passa attraverso una componente laica e sentimentale, una folgorazione spirituale che rivaleggia con la sfera religiosa e la trascende.

 

Gli endecasillabi conferiscono ampio respiro alla narrazione della scena, prettamente descrittiva, attraversata da un certo movimento conferito non solo dalle rime del sonetto (tipo di versificazione scelta e fin dal titolo) ma anche dai numerosi enjambements che contribuiscono a fornire ampio ritmo al componimento. La rima alternata segue lo schema proprio del sonetto con una soluzione che si risolve nello schema ABAB ABAB CDC DCD – laddove nelle ultime due stanze costituite da terzine viene tradizionalmente riservato lo schema CDC CDC –; in questa soluzione Caproni varia lo schema usuale del sonetto prediligendo un’estensione della rima alternata.

 

La forza espressiva di Caproni è tale da mutuare formalismi usuali reinventandoli all’interno della sua contemporaneità per una ricerca poetica all’insegna della personalizzazione, sfruttando tutti gli strumenti che la tradizione gli mette a disposizione. In questa direzione non abbiamo più una netta separazione tra le stanze che compongono il sonetto (due quartine e due terzine) ma un’unica stanza la cui divisione è sostanzialmente solo formale e fonica, data dal metro del verso e dalla disposizione delle rime. Gli iperbati sconvolgono l’usuale struttura della frase e conferiscono un tono quasi elegiaco alla poesia caproniana.

 

Quasi fosse un’archeologia stilistica che il Caproni degli anni ’40 intende riportare alla luce, più come citazione, che come vero e proprio tributo, i meccanismi interni vengono infranti da un uso della punteggiatura che non è più solo pretesto per le pause grammaticali ma procede verso un campo della narrazione capace di sfiorare il testo argomentativo. Le coordinate della tradizione vengono piegate e fatte esplodere in bisettrici che tagliano il tessuto del racconto che, con il procedere degli incisi, aumenta l’idea di una festa generale attraversata però da una marcata nostalgia.

 

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