Racconto di Mattia Sangiuliano
Il ticchettio sulle tastiere è insistente. L’aria è
piena di quel persistente battere sulle lettere.
Centinaia? Migliaia? Decine di migliaia? Quante
lettere vengono battute ogni ora in un ufficio stampa? Il ragazzo si pone
quella domanda ogni giorno da quando ha iniziato quel lavoro. Ormai passati sei
mesi e ancora non riesce a stimare quante lettere batte ogni giorno.
Il giovane si sporge dalla sua postazione e si
abbassa la mascherina per poter parlare meglio al proprio vicino, con il quale
condivide lo stretto ma confortevole spazio dell’Ufficio Comunicazione.
«Lo sai cos’è il plasma?»
Il collega smette di battere sulle lettere e si
sporge verso il ragazzo.
«Il plasma dici?»
«Si, il plasma»
L’uomo ci pensa un attimo.
«Intendi quello dei televisori?»
«Ma no, intendo quello del sangue»
«Aah, ma allora dillo prima!»
«Come avrei dovuto dire?»
«Plasma sanguigno, mi sembra ovvio»
«Eh vabbé, come sei puntiglioso! Se dico
plasma si capisce ugualmente»
«Veramente io non l’ho capito»
«Quello è un problema tuo» mormora il ragazzo
tra i denti.
«Veramente no, è un problema tuo il non essere
riuscito a farmi capire subito quello che intendevi dire. Visto il lavoro che
fai devi stare molto attento. Non puoi lasciare spazio alle interpretazioni»
Il ragazzo annuisce avvilito. Non può che dare
ragione al suo collega. È un duro colpo per il suo orgoglio ma è un boccone
amaro che ingoia senza troppe storie, sono questi piccoli errori che devono
farlo crescere professionalmente, si dice tra sé. Deve apprendere ogni cosa che
il collega, più anziano di lui in quel settore, cerca di trasmettergli.
Se vuole rimanere a galla in quell’ambiente e
magari vedersi rinnovare il contratto deve riuscire a migliorarsi ogni giorno.
Magari, con il giusto colpo di fortuna, potrebbe persino arrivare un rinnovo a
tempo indeterminato. Ovviamente una volta finita la pandemia.
L’idea lo elettrizza, eppure all’inizio non
pensava che quello potesse essere il suo ambiente. Dopo la triennale in scienze
della comunicazione, una scarsa voglia di proseguire gli studi ed una estenuante
stagione come cameriere, era infine arrivato l’inaspettata svolta.
Era riuscito entrare nel gabinetto di un
influente uomo politico del paese. Il compito del suo ufficio, in conformità
con i suoi studi e le sue spiccate capacità comunicative, era quello di addetto
stampa. Nel suo ruolo era l’aiutante del più navigato collega al quale era affiancato.
Vista la sua giovane età e la freschezza che dimostrava nell’ambiente, non era
stato difficile ottenere quasi completamente carta bianca per la gestione dei
profili twitter, facebook e tiktok del suo capo. Di quest’ultimo profilo era
decisamente orgoglioso, in quanto era stata una sua idea, accolta con
entusiasmo finanche dal suo capo, che poté vantare un nuovo primato nel panorama
politico internazionale.
Ancora non ci poteva credere. Nonostante le
remore iniziali per via della differenza di vedute si era infine ampiamente
adattato all’ambiente. Si era convinto che, nonostante le divergenze politiche,
quello potesse essere un buon inizio per la sua carriera, un modo come un altro
per ricavarsi un posto al sole in quello scannatoio che è il mondo del lavoro.
Bisognava adattarsi.
La pandemia però aveva stravolto tutti i
piani.
Ma come insegnava il mantra dell’azienda,
appeso ed incorniciato proprio davanti a lui nel suo ufficio: “DA OGNI
DISGRAZIA TRAI IL MEGLIO”. E quello era esattamente il suo lavoro.
«Certo che so cos’è il plasma. O meglio, ne ho
sentito parlare a scuola. Perché?»
«Stavo pensando: potremmo fare un tweet che
denunci la scarsa visibilità dei trattamenti al plasma per la cura della
malattia. Si legge in giro che alcune regioni stiano bloccando le
sperimentazioni»
Il collega sospende il suo frenetico lavoro di
battitura. Si toglie gli occhiali e si massaggia le tempie.
«Mmm non saprei. Sembra rischioso. Sai se
qualche politico lo ha già fatto?»
«Non mi sembra. Renzi tace, Conte non dice
niente…»
«Ovvio che non dice niente. È il Presidente
del Consiglio deve stare attento a quello che dice, per non finire impallinato!
Tutti i politici devono stare attenti a quello che dicono quando rivestono un
ruolo istituzionale» aggiunge quest’ultima frase con un sospiro.
Il ragazzo nota un inequivocabile luccichio in
fondo agli occhi dell’altro mentre questi dissimula la commozione
stropicciandosi le tempie con entrambe le mani.
Lo sguardo del collega più giovane si posa
sulla scrivania del più anziano. Accanto alla tastiera campeggiano,
incorniciate, alcune foto di famiglia. Al centro, però, si trova la foto di un
uomo. È Lui. Il loro capo.
«Che tipo era?» domanda incuriosito il
ragazzo.
«Chi?»
«Il boss» dice il giovane indicando la foto.
L’uomo sorride.
«Perché parli al passato? Mica è morto. Poi lo
sai che tipo è, lo hai già conosciuto»
«No no, intendevo quando era al governo»
«Che ti devo dire…» risponde il collega con un
sospiro mentre sul suo viso si allarga un sorriso di dolce nostalgia mentre
allunga una mano per afferrare la foto che ritrae il capo.
«…era il solito anche allora»
L’uomo accarezza dolcemente il vetro della
foto indugiando sulla barba incolta del capo.
«Era un bravo Ministro dell’Interno?»
«Il migliore!» risponde l’altro in un sussurro
deciso.
«Ascoltava i consigli tuoi e dello staff?»
L’uomo sorride di gusto, socchiudendo gli
occhi, a quella domanda che gli riporta alla mente una cascata di aneddoti ai
quali è estremamente legato.
«Mai» dice «era una vera testa calda. Irruento
ed impulsivo»
L’uomo appoggia la fotografia dove l’ha presa
e lascia andare un sospiro più lungo del precedente. Il giovane lo guarda con
grande ammirazione e annuisce in silenzio.
Lui non ha votato per il loro capo alle ultime
tornate elettorali. Non è neppure politicamente vicino al suo partito. Per
questi motivi, all’inizio, quando aveva trovato questo lavoro, era decisamente
scettico se presentarsi al colloquio dopo aver capito di cosa si trattasse e
per chi avrebbe dovuto lavorare. Dopo la prima impressione decisamente positiva
che hanno avuto su di lui e la proposta di uno stage c’è voluto davvero poco
per fargli ingoiare quello che sembrava un amaro boccone. In tempo di crisi non
ci si può permettere di fare troppo gli schizzinosi.
«Cerca di approfondire la cosa del plasma»
dice l’uomo tornando a picchiettare sui tasti «se nessuna tira fuori niente che
ti sembra sensato facciamo un tweet la prossima settimana. Ok? C’è troppa
attenzione sui contenuti scientifici questo periodo. Fortunatamente però sono
diventati tutti scienziati, quindi qualche nostro commento non potrà che essere
accolto positivamente se ben congeniato. Cerchiamo di non impantanarci in una
discussione che si rivelerebbe sfavorevole. E ricorda chi sono i nostri
nemici…»
«Conte, Renzi, comunisti,
zecche-dei-centri-sociali»
L’uomo sospende il lavoro e lo osserva da
sopra le lenti degli occhiali.
«Bene» dice con un largo sorriso di
approvazione mentre torna a dedicarsi al suo lavoro.
«Però mi raccomando, non tutte le categorie
assieme. Una alla volta e se proprio non può farne a meno non superare il
limite di due categorie in un unico discorso. Evitiamo di essere ridondanti e
sembrare cani rabbiosi con la bava alla bocca. Come ti posso dire… struttura
una frase attaccando una categoria ed una sottocategoria, ecco»
«Comunisti… e quelli-dei-centri-sociali»
«Esatto»
«Professoroni e costituzionalisti»
«Perfetto» dice l’uomo con un significativo
cenno di assenso del capo «esattamente questo, però ricorda: solo se
strettamente necessario»
«Solo se strettamente necessario» ripete il
ragazzo.
Il giovane si rimette alla scrivania e inizia
a comporre qualche idea su un taccuino.
Sulla televisione sintonizzata su Sky Tg 24
scorrono le notizie del giorno. Da lì prendono idee e spunti per comunicati e
post da lanciare sui profili del Capo.
«Ci vorrebbe qualcosa di diverso» borbotta il
ragazzo dopo qualche minuto.
L’uomo si limita ad annuire con fare assente.
«Qualcosa di nuovo, di diverso. Ma al tempo stesso
che parli di quello che si faceva prima del virus. Prima dell’emergenza» sullo
schermo scorrono immagini di tricolori sventolanti dai balconi e file al supermercato
di persone munite di mascherine e guanti monouso «le persone hanno bisogno di
pensare a quello che erano prima di questa pandemia» dice il ragazzo in un sussurro.
Il collega annuisce ancora, sempre
distrattamente.
«Non strafare però» dice l’uomo senza alare
gli occhi dal suo monitor «Ricordati quello che è successo quando il capo ha tirato
fuori i lavoratori di colore che raccolgono i pomodori. Una figuraccia incredibile»
Il ragazzo sente le proprie guance avvampare. Si
sente incredibilmente colpevole perché l’idea era stata la sua. Una debacle
iniziale che poi, nel medio periodo, si è rivelata tutt’altro che fatale. Erano
riusciti a mettere qualche toppa e a farla quasi cadere nel dimenticatoio come
accade nel corso di vicende politiche e sociali che evolvono sempre più
velocemente.
«Il tuo post sul Governo che ha scarcerato i
mafiosi invece è stato fenomenale!» esclama il ragazzo, pieno di ammirazione
verso il suo collega.
L’uomo sorride di gusto e, senza smettere di
battere sulla tastiera, lancia una rapida occhiata al giovane stagista e uno
sguardo intenso alla foto del capo.
«Sono stato solo molto fortunato» dice l’uomo
tradendo però una civetteria carica di orgoglio.
«No, no. Sei stato geniale! Hai rimaneggiato
una frase che avrebbero potuto usare gli ambienti della sinistra facendola tua,
cioè, sua, del capo. Hai glissato sui domiciliari e hai sferrato un
colpo micidiale. Tutto il paese si è indignato dando ragione a quella frase! Un
vero colpo da maestro!»
L’uomo sorride e s’impettisce pieno di orgoglio.
Adora le adulazioni e per questo non dice più niente per farle cessare. A che
serve la falsa modestia quando qualcuno riconosce il tuo valore pieno di
adorazione? È il meritato premio per le molte ore spese davanti a un monitor,
pensa tra sé e sé l’uomo.
«Questo intendevo con qualcosa di nuovo» dice
il ragazzo «vorrei tirare fuori contenuti di questo tipo ma rispolverando le radici…»
Lo scorrere delle immagini sulla televisione
cessa di colpo. Sullo schermo compare la famigerata scritta breaking news che
cattura subito l’attenzione di entrambi.
L’uomo afferra il telecomando e alza il volume
mentre in televisione compare una ragazza sulla pista di un aeroporto, munita di
mascherina, strani indumenti che la coprono dalla testa ai piedi ed una nutrita
scorta che l’accompagna. I due si concentrano per cercare di capire la scena
mentre la voce fuoricampo del cronista spiega cosa stanno guardando.
«DOPO MESI DI PRIGIONIA È DI NUOVO LIBERA.
SILVIA ROMANO PUO’ TORNARE A CASA…»
I due si scambiano una lunga occhiata sorridendosi
pieni di entusiasmo.
«Ecco la tua occasione, ragazzo!» dice l’uomo
con gli occhi lucidi per la commozione e l’orgoglio «è quello che cercavi! Vai e
colpisci, picchia forte!»
Il ragazzo ha il cuore che gli trema nel petto.
Sente le lacrime che gli bruciano ai lati degli occhi. Il suo animo è pieno di
riconoscenza verso il collega più anziano che gli lascia quella ghiotta
occasione.
«Grazie» dice pieno di emozione con la voce
tremante «non ti deluderò. E non deluderò neppure il nostro Matteo»
Si rimette alla sua postazione asciugandosi gli
occhi ed incomincia a battere velocemente sulla tastiera del computer. Ci sono un’infinità di cinguettii da lanciare.
E lui sa cosa deve fare. Deve trarre il meglio da ogni disgrazia.
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