Recensione di Mattia Sangiuliano
Una pausa dalla corsa della meteora: tra streghe e maledizioni Dylan Dog ci ricorda – ancora una volta – come i veri mostri siano gli esseri umani.
Nell’albo di questo mese Dylan
Dog sembra catapultato indietro nel tempo, all’epoca dei primi numeri della
testata di casa Bonelli, in cui non c’erano meteore a minacciare l’universo ma
streghe, incantesimi e maledizioni di varia natura. Da un’impostazione inizialmente
abbastanza tradizionale e, forse, a tratti banale Paola Barbato riesce a stravolgere una storia solo in apparenza canonica
regalando ai lettori una brillante variazione sul tema.
La prolifica penna della Barbato
rompe gli schemi ma lo fa – ancora una volta – all’insegna della tradizione. È
sempre l’amore dunque ad essere forza ambivalente e tutt’altro che banale, gareggiante con la morte in un eterno agone, determina la nascita e – forse –
la fine di una maledizione. Un rapporto contorto e malato che, partendo da una
premessa lineare rivela tra le pieghe della narrazione una storia irta di
menzogne e di bugie; mentre la verità cambia, a poco a poco di pagina in pagina
verso l’epilogo conclusivo, il nostro Dylan deve ancora una volta fare i conti
con la crudele natura umana.
Le tavole di Werther dell’Edera, prodigio della casa editrice milanese, si
rivelano ancora una volta all’altezza delle aspettative; col suo tratto spezzato
fatto di line sottili, frante e tremolanti, il disegnatore si districa a
meraviglia nella gabbia bonelliana, mettendo in scena efficaci soluzioni
espressionistiche fa esplodere momenti di pathos nello strazio di
un’esistenza piegata ma non distrutta, rivelando tutto il dramma che un fumetto
come Dylan Dog riesce ancora a regalare.
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