Recensione di Mattia Sangiuliano
Con il numero 387 della serie regolare di Dylan Dog ha inizio il cosiddetto “ciclo della meteora”; una serie di albi uniti da un filo conduttore che, alla fine, porterà alla chiusura della serie di Dylan Dog. O almeno alla fine di Dylan così per come la conosciamo noi.
L’albo si apre presentando quella
che, a tutti gli effetti, sarà la nemica di Dylan Dog in questa conclusione
della serie regolare – almeno per come la conosciamo, nda – vale a dire la
meteora che minaccia di spazzare via l’umanità. Nell’incipit la meteora viene
mostrata come un’entità senziente dotata di una propria volontà, emissaria
antica quanto l’universo, portatrice di quel caos che dà il titolo all’albo.
La sceneggiatura per questo inizio della fine non poteva essere
altri che del curatore della serie in persona. Roberto Recchioni si dimostra ancora una volta un abile scrittore
che riesce a non scottarsi nonostante tutta la carne buttata sulla sua brace.
Bisogna dire che, vista l’intenzione di chiudere tutti gli archi narrativi che
da Mater Morbi sino a Mater Dolorosa, passando per Spazio profondo, sono stati aperti –
tralasciando altre porte tenute socchiuse in questa mezza decade nel nome di
Rrobe – il rischio è decisamente alto.
Dopo la presentazione della nuova
e devastante minaccia che fa rotta verso la terra abbiamo un vero e proprio
prologo per bocca dello stesso Ghost che, armando lo spietato Axel Neil, indirettamente
ci farà capire a cosa la Terra, e Dylan, stanno andando incontro. La nemesi del
nostro Indagatore parlerà di entropia, concetto della termodinamica che misura
il grado di disordine – ancora il caos, nda
– all’interno dell’universo, per descrivere il naturale evolversi e decadere
delle società umane. Un discorso lucido quando folle, capace di evidenziare la
spietatezza e la mente calcolatrice dello stesso Ghost.
Questo è un albo che farà saltare
sulla sedia chi sostiene il mantra sempreverde del “Dylan dog è morto dopo il
numero 100”. Con “Che regni il caos”
torna in pompa magna un certo aroma del vecchio Dylan Dog; primo fra tutti il
caro e buon vecchio splatter di stampo sclaviano che, in un susseguirsi di
rutilanti azioni violente ed efferate compiute per mano di quella vecchia
conoscenza dell’indagatore dell’incubo che è Axel, miete senza troppi
complimenti – ma con molta teatralità – numerose persone, falcidiate senza
troppe cerimonie in pieno giorno nel cuore di Londra.
Il tratto di due disegnatori del
calibro di Leomacs e Marco Nizzoli non fa che accompagnare
in maniera superba la narrazione di Recchioni. Le chine del duo definiscono ogni
dettaglio, soprattutto per la mattanza perpetrata dallo spietato Axel verso i
cittadini londinesi, sfociante in dettagliate tavole di grande impatto,
regalando addirittura una bellissima splash-page alle pagine 20-21 in cui
traspare anche un certo gusto degli autori nel citare elementi mainstream della
società contemporanea.
Altro aspetto interessante del
disegno degli autori, questa volta capace di arricchire la narrazione, è dato
dalla commistione dei media utilizzati dai personaggi: la gabbia bonelliana
viene messa da parte per lasciare spazio a filmati del telegiornale o a video
divulgati a mezzo smartphone che, in una sorta di pop-up intertestuale, arricchiscono
il racconto.
“Che regni il caos” è certamente
un più che buon inizio della fine che fa ben promettere per lo sviluppo di
questo arco narrativo, ricco di momenti adrenalinici e di toccanti situazioni
che trascinano il lettore a simpatizzare sempre più per quell’eroe romantico
che è – a tutti gli effetti – Dylan Dog. Un eroe che non accetta il destino
come un dato immutabile, un ateo della dea fortuna, che vuole a tutti i costi
fare la cosa giusta, anche andando contro la follia che minaccia di ingoiare il
mondo intero. Una follia generata da una meteora lanciata a tutta velocità
nello spazio o da quella forse più pericolosa, generata nella mente delle
persone comuni e manipolata da individui senza scrupoli.
Non resta che attendere i nuovi
sviluppi di questo attesissimo ciclo narrativo.
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