recensione di Mattia
Sangiuliano
Mettiamo da parte
approfondimenti ex-trama e salti avanti e indietro nel tempo, come si
è fatto da qualche mese a questa parte, nel tentativo di riempire
buchi neri che abitano il tormentato passato del nostro inquilino di
Craven Road n°7. Prendiamoci una pausa dalle giostre di antefatti e
flashback chiarificatori; immergiamoci in un vero e proprio
“Cronodramma” tenendo fermo un unico punto: il tempo. E da questo
iniziamo a giocare con la nostra storia.
Gigi Cavenago ci
delizia con una copertina quasi manierista in grado di racchiudere in
un insieme definito le più disparate arti, dalle citazioni dei
metafisici quadri di De Chirico passando per il cinema muto,
approdiamo alla fine al fumetto vero e proprio. Una pioggia di
citazioni e di commistioni che ben si sposano con il contenuto di
questa storia, capace di giocare con la relatività spazio-temporale.
La narrazione stessa vuole intavolare una partita a carte con il
tempo.
Carlo Ambrosini,
sceneggiatore visionario e disegnatore, va d'accordo con il nostro
copertinista; anche lui, come Cavenago, si diletta di citazioni
all'insegna di un'indagine tutt'altro che piatta, ricca di elementi
fantastici che si dibattono – come la copertina – tra il
metafisico e il surreale, offrendo una solida sponda al
soprannaturale che prende vita di pagina in pagina, con il progredire
della storia, trovando avvio e sintesi nella vicenda della cliente di
questo mese: la scrittrice Aida Adams.
Werther Dell'Edera
collabora con Ambrosini, offrendo il suo contributo grafico per le
tavole. Dopo i tratti felicemente cupi dello scorso mese, in
quest'albo vediamo alternarsi un graffiante tratto squadrato,
massiccio e grezzo, rasente l'impiego del carboncino, ad uno più
arioso, limpido, apparentemente appena abbozzato, di un'essenzialità
quasi minimale capace di conferire – non a caso – un tocco
straniante all'alternarsi di due vicende apparentemente indipendenti.
Un momento d'esistenza
scivola da un'altra dimensione seguendo i cavalloni del tempo, poco
prima che l'onda s'infranga avvitandosi sulla risacca del passato.
Oppure di un passato che domanda requie. Due archi narrativi
si intrecciano: alla vicenda dominante si annoda una ricerca
strappata da un universo parallelo che squarcia il sottile velo che
separa il nostro dagli altri molteplici presenti. Ma forse è solo un
sogno sussurrato all'orecchio da un inquieto fantasma o da qualche
demone solitario.
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