recensione di Mattia
Sangiuliano
Anche questo mese si
aggiunge un altro tassello al nebuloso passato del nostro Indagatore
dell'Incubo, dopo la fanciullezza è la volta dell'adolescenza,
un tutt'altro che timido affacciarsi all'età adulta; sulla scorta
della copertina disegnata da Gigi Cavenago troviamo in primo
piano non più un interno domestico ma un esterno con un Dylan Dog –
letteralmente – bello e dannato accompagnato dal suo tenero e
disperato amore di quel periodo: Emily.
Un vecchio amico di
Dylan, Vincent, porta il nostro protagonista a fare un tuffo nei
ricordi. Una nota di nostalgia accompagna il turbolento rock composto
dalla sceneggiatrice Barbara Baraldi,
in consonanza con il passato di un Dylan membro di una band: i Blood
Hell, mentre attorno alla vicenda, tra presente nostalgico e
flashback di dissoluzione in stile punk, una strisciante follia
omicida compone la sua opera di distruzione sulle note di un
misterioso disco maledetto.
Nicola Mari,
con il suo tratto tetro, accompagna lo stile di questa storia dannata
che parla di aspirazione, fortuna e, dopo aver toccato la cima del
successo, la parabola discendente: la vetta si tramuta nel suo
drammatico opposto, la caduta verso un baratro infernale. Icaro che
vuole sfiorare il sole paga cara la sua ebbrezza: qui, alla stessa
maniera, la caduta, diviene il contrappasso per essere entrati come
ingranaggio nella macchina infernale del successo.
Storia
ricca di spunti, con una felice nota di splatter, ma senza un quid
narrativo capace di farle superare l'impasse data dalla sua
struttura. Chiaroscuri dei flashback e profili taglienti, nel segno –
e nel tratto – di Mari, tracciano quella che più che un'indagine
si configura già dalle prime battute dopo il preambolo come una
scampagnata nei ricordi, quei famigerati “bei tempi andati”,
carichi di aspirazioni e vitalità ma anche di delusioni e dolori,
che si rivelano essere l'anticamera dell'incubo.
Nessun commento:
Posta un commento