recensione di Mattia
Sangiuliano
Fuochi d'artificio e
lancio di mortaretti. Dylan Dog (testata) compie trentanni e il suo
Dylan Dog (protagonista) non perde lo smalto che dal settembre 1986
lo ha caratterizzato sino ad oggi. Ne sono successe di cotte e di
crude – editorialmente parlando – e altre ne succederanno ancora.
Ci sono stati alti e bassi, alcuni bassi sono stati particolarmente
sentiti da parte del pubblico, diciamocelo. La polemica e la critica,
soprattutto nell'ultimo corso della vicenda (editoriale) del nostro
eroe, non sono mancate. Ma il nostro Dylan si è sempre rialzato.
Nulla può abbatterlo. Neppure la madre di tutte le malattie.
Dylan Dog “cade”
anche in questa storia sceneggiata da niente meno che il suo curatore: Roberto Recchioni,
un grande ritorno sulle pagine dell'indagatore dell'incubo per la
sceneggiatura di una storia celebrativa estremamente accattivante. Roberto guida, tracciandolo, il destino del
nostro protagonista tra i flutti della disperazione, nel mare dei
ricordi e sui cavalloni di flashback chiarificatori; sulla scorta
d'una colorazione estremamente curata, si getta altra luce sul
passato del nostro Dylan.
Gigi Cavenago ci
delizia con le sue eccezionali tavole. Un'esplosione di colori,
letteralmente. Cavenago, in questa prima prova, si rivela essere il
degno erede copertinista, successore dello storico Angelo Stano, per
la serie regolare; disegnatore a dir poco capace ne da così prova in
questo suo battesimo per la testata di punta dell'indagatore.
Episodio da lui stesso disegnato e colorato, elevato al grado di
opera d'arte; spicca per cura la tanto apprezzata Madre Dolorosa,
tornata sui suoi passi per reclamare il suo ambito premio, il seme
che ha lasciato dietro di sé sta per schiudersi, catapultando Dylan
nel suo tormentato e oscuro passato.
Recchioni tiene la barra del
timone a vele spiegate dentro il dolore che tutto sovrasta, la
sofferenza per una malattia che trascina a fondo, nel gorgo di una
disperazione straziante, nel vorticare di volti – ci sono quasi
tutti – vecchi e nuovi. Ci guida tra grandi ritorni in
scena, su tutti quello di Mater Morbi (che fa impallidire il troppo a
lungo eclissato Ghost), e flashback da incubo attorno alla
periodicamente riesumata – e arricchita – vicenda umana di Dylan;
in questo appuntamento col destino il nostro eroe dovrà affrontare
il peggiore di tutti mali: la recrudescenza di un passato caduto
nell'oblio.
Nessun commento:
Posta un commento