recensione di Mattia
Sangiuliano
Dio benedica la mia
ragazza, quell'angelo caduto dal cielo – da Crypton, forse? – che
mi ha accompagnato a vedere Batman vs Superman - Dawn of Justice
di Zack Snyder,
stesso regista di Man
of Steel
(2013), il giorno
della sua uscita nelle sale italiane. Dio la benedica, per il suo
coraggio, perché tutta quella carne alla brace avrebbe causato una
bella indigestione a chiunque. E in effetti così è stato, per molte
persone.
Mi
basta citare l'esempio di un gruppetto di ragazzi che, durante
l'intervallo, ho udito commentare la prima parte del film fuori del
bagno del cinema. Ragazza 1: «Non ce l'ho fatta. Mi sono
addormentata a 5 minuti dalla pausa»; Ragazza 2: «Dovevamo andare a
vedere Kung-Fu Panda»; fortunatamente interviene un concitato
Ragazzo 1 a controbilanciare l'opinione delle sue amiche in puro
stile proto-adolescenziale da tempesta ormonale: «Daje che il
secondo tempo si picchiano!». Detto fatto.
Un
ragazzo e le sue amiche, appena maggiorenni – forse – hanno
riassunto in poche laconiche battute lo storyboard di BVS:
un primo tempo statico che avrebbe fatto preferire allo spettatore
Kung-Fu Panda 3, proiettato nella sala vicina, e un secondo tempo
veramente supereroistico dai risvolti armageddoniani con tanto di
fallout atomico, esplosioni, città distrutte e climax altalenante
che guida l'esito orgasmico della battaglia finale: uno scontro epico
a colpi di esplosioni, raggi laser, inseguimenti aerei, una girandola
di cazzotti e controcazzotti da far vorticare la testa.
Letteralmente. In uno stile molto poco cinematografico.
Il
Man of Steel di
Snyder, bello e drammatico, era
tutta
un'altra pasta rispetto a questo film, pur mantenendo il dramma di
fondo che aleggiava attorno alla figura del vigilante di Metropolis
interpretato ancora una volta da Henry
Cavill,
approfondisce la sua figura, i suoi dissidi interiori e le enormi
responsabilità che derivano dall'avere un potere smisurato. Essere
un dio tra gli uomini non è così facile come sembra. E non mette al
sicuro dalla minaccia.
Inutile
dire che, chi ha apprezzato il Batman di Christopher
Nolan,
interpretato da Christian
Bale,
come me – eh già, mi tocca fare outing –, non può che avere un
giudizio tendenzialmente negativo del Batman reso da Ben
Affleck e
più in generale di questa pellicola di Snyder.
Una
persona che, cinematograficamente parlando, è solita digerire di
tutto, per questo film avrebbe bisogno di uno stomaco di ferro per
affrontare quell'eccesso di coraggio del regista – due palle
d'acciaio, “balls of steel” insomma – e tutte quelle aggiunte
collaterali che ha voluto fare; citazioni piuttosto forzate, forse
allo scopo di spianare la strada a una lunga stagione di film sotto
la stella DC.
Il
Dark Knight
di Nolan, attraverso la sua trilogia, ci aveva mostrato un
personaggio complesso, ricco di sfumature e ambivalenze. Il Batman
che
sfida Superman, l'uomo contro il dio, perde tutte quelle tinte
intermedie; è un uomo prigioniero del passato, letteralmente vittima
degli eventi, una pistola carica, cieca, puntata verso la vendetta.
Persino il ruolo del maggiordomo Alfred, interpretato
dall'intramontabile Jeremy
Irons,
non sembra più tutore e voce della coscienza di Wayne ma vero e
proprio maggiordomo relegato al ruolo di spalla del vigilante
mascherato.
Eccezionale
la fotografia, capace di mettere in mostra note che, rasentando
l'estatico, fanno vanto di un virtuosismo ammirevole; dà il meglio
di sé quando focalizza l'attenzione sui dettagli giocando con la
profondità di campo e con i contrasti dei colori, soprattutto dei
chiaro-scuri che tinteggiano la Gotham del vigilante mascherato che
porta il marchio
del pipistrello, parlando brevemente della sua genesi e del suo
mondo, dei demoni del passato e del presente – ma anche di un
imminente futuro. Riesce a dare quel tocco d'epoca alle ambientazioni
e al personaggio di Bruce Wayne, vittima più che mai, in questa
interpretazione, dei suoi fantasmi; in questa direzione forse più
aderente a una visione stereotipata del Cavaliere Oscuro.
Non
male alcune musiche. Quando in apertura lessi il nome di Hans
Zimmer
come collaboratore per la soundtrack del film
non
nego di aver avuto un tuffo al cuore. Eh già, dopo la colonna sonora
di Interstellar
ho deciso che adotterò le opere di questo compositore per il
ricevimento del mio matrimonio, per la gioia della mia ragazza –
sda,
sarcasmo d'autore. Già dalle prime battute, dove la fotografia ben
curata ci inizia all'universo di BVS
abbiamo l'illusione che il maestro Zimmer abbia le redini
dell'impresa. Ma non sarà così per molto. Le musiche vengono
diluite. Si fa più presente la sua impronta in alcune scene che, per
fotografia, ricordano il sopracitato Interstellar
o un Inception.
Degne di note, negative, l'ironia di certi assunti adottati: primo
fra tutti le schitarrate rockeggianti che si ripetono per ogni primo
piano di Wonder Woman, interpretata dalla seducente Gal
Gadot (sperando
che la mia ragazza non abbia sentito qualche mio sospiro di troppo).
Non resta che prenderle a ridere. Per non piangere.
Un
cast stellare per una deriva verso spazi siderali. Sicuramente un
cast frutto di grandi aspettative naufragate però nello scontro con
due grandi e complessi fumetti che avrebbero sicuramente meritato un
maggior studio e approfondimento, nonché una sceneggiatura più
aderente a interpretare e non a guardare – ammiccando – al Batman
di Nolan. Inutile dire che, il risultato, non possa che essere
un'opera seconda, che se brilla per qualche scintilla, lo fa solo per
una luce riflessa, dovendo vivere nel confronto col modello
precedente; nonostante qualche suo buon pregio individuale. Lex
Luthor (Jesse
Eisenberg)
è, a livello di disturbi psicotici, l'equivalente del Jocker. Se
invece l'intento era partorire un film d'azione con una trama
complessa incline all'intreccio e alla macchinazione, indirizzata al
grande (-issimo!) pubblico, chissà, forse l'intento sarà pure
riuscito.
Altra
piccola parentesi per i pessimi trailer nostrani che spoilerano ¾
del film in due minuti di passeggiata su YouTube. Guarda caso una
malattia tutta italiana questa.
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