lunedì 9 novembre 2015

Resistenza, libertà e democrazia dentro Kobane.

recensione di Mattia Sangiuliano

[Questa è una recensione che, dalla prima settimana di luglio riposava mutila e poco più che abbozzata nel mio PC. Era ora di riprenderla, assieme al libro di Compasso, e di pubblicarla.]


Kobane dentro. Diario di guerra sulla difesa del Rojava”, Ivan Grozny Compasso, Milano, Agenzia X (2015), p.197, 14€.

Il libro di Ivan Grozny Compasso è, come dice il sottotitolo, un “diario di guerra sulla difesa del Rojava”. Innanzitutto quando si parla di Rojava si parla di una realtà geopolitica relativamente complessa; geograficamente si delinea come il kurdistan siriano. La regione del Rojava è una regione della Siria autonoma, all'interno della quale le popolazioni hanno adottato una carta comune, una sorta di Costituzione: questo documento dall'incredibile valore sociale – e politico – è conosciuto come “Carta del contratto sociale del Rojava”.

I° parte
Se vi aspettavate la storia di Kobane avete sbagliato indirizzo, vi toccherà aspettare la prima parte dell'appendice. Qui, in questa prima parte del libro, del libro vero e proprio, si trova il resoconto cronachistico, diviso in capitoletti che, agevolmente, seguono le giornate e i momenti della settimana in cui Ivan si è mosso all'interno di Kobane, assieme ad altri corrispondenti e, soprattutto, accanto ai resistenti curdi che combattono contro la minaccia del califfato.

Accanto a Ivan ci sono peshmerga, soldati curdi iracheni, e i membri delle due milizie armate popolari che hanno contribuito, forse in maniera maggiore – di quanto i media italiani abbiano detto –, alla riconquista e al mantenimento della libertà della cittadina a sud della Turchia: sono le forze armate Ypg, le unità di protezione popolare, conosciuto anche come esercito nazionale del Kurdistan siriano, e Ypj, le unità di protezione delle donne, brigata femminile composta da sole donne che difendono la posizione di un Kurdistan libero, difendendo gli assediati nella regione del Rojava senza distinzione di genere, razza, religione.

Il libro di Compasso è un viaggio dentro Kobane passando per il confine turco, arrivando in città sotto l'attacco degli invasori, accanto ai resistenti, nel cuore dell'ultimo baluardo di resistenza attiva non sottomessa a logiche capitaliste, osservando chi cerca di vivere la propria vita, di preservare un passato, assicurarsi un futuro combattendo nel presente; un viaggio nel movimento cardiaco che pulsa per respingere l'orda: gli “uomini in nero” tristemente conosciute nelle cronache e, ormai, nell'immaginario collettivo, come il demone tanto distante, chilometri e anni luce, ma capace di instillare in noi il terrore del diverso che ci sta accanto.

Il valore della resistenza del popolo curdo, premuto e stretto da tutti i fronti: contro lo stato islamico alle porte e alle spalle la Turchia di Erdogan, conservatrice e reazionaria, che impone lingua e limita la libertà del popolo curdo fuggito per salvarsi la vita o per un briciolo di libertà. Centinaia, migliaia di profughi dall'inizio del conflitto vengono raccolti nei campi profughi creati poco oltre il confine, schedati e discriminati dal governo di Ankara. Kobane è lotta armata contro Isis, che vuole imporre la sua legge, la sua interpretazione del Corano. Kobane è assicurare un futuro a tutti i curdi che non vedono riconosciuta una patria, e che non vogliono fuggire verso un'altra oppressione.

Kobane non è solo sinonimo di resistenza è anche qualcosa di più, è guardare oltre la distruzione della guerra, oltre le macerie e la morte; la volontà dei resistenti non si traduce solo nel non soccombere fisicamente di fronte al nemico ma nel voler non lasciar morire l'aspetto umano di una città, confine conteso tra due forze in campo. Kobane non viene solo interpretate nell'ottica del conflitto dai resistenti che, a differenza degli invasori, continuano ad abitarla o, meglio, a viverla contrapponendosi ancora di più alla volontà di Isis che vuole piegare e spezzare nell'intimo chi ha di fronte.

La Kobane descritta – e fotografata, in appendice – da Compasso è una città molto distante da quella che i media ci hanno proposto, molto più vicina, paradossalmente, ad una normale città; Kobane, così pericolosamente assediata dallo stato islamico, non è stata trasformata, ingoiata dalla guerra, è stata ripensata. Chi ha voluto imbracciare le armi lo ha fatto, chi è voluto rimanere non volendo fuggire in Turchia per sottostare a un regime come quello di Erdogan è rimasto. Le porzioni di città riconquistate dai resistenti dove possibile vengono bonificate, i negozi non vengono saccheggiati, persino la pulizia delle strade viene mantenuta dai volontari; il cibo viene distribuito tra i cittadini, teli vengono innalzati sulle strade per ostacolare il dovere dei cecchini nemici e una vita civile continua a pulsare all'interno di Kobane.

A Kobane ci sono anche bambini, incontrati e descritti dallo stesso Compasso in alcuni commoventi passaggi del suo resoconto. Giovani e molto giovani scortati dai resistenti, trascorrono la loro vita: vengono istruiti, vanno a scuola, scherzano, giocano a pallone sotto l'occhio vigile dei padri Ypg e delle madri Ypj. La vita non è stata soffocata dallo spettro della dissoluzione portato dal conflitto. Le vie della resistenza sono molteplici, il laboratorio di Kobane – o più in generale del Rojava – ne è un esempio. Una resistenza attiva è possibile, alla luce dei principi di democrazia – parola chiave del libro – uguaglianza e diritti; valori resi possibili da quell'ultimo baluardo di resistenza partecipata messa in atto proprio al confine tra Siria e Turchia: a Kobane.

II° parte
a) Dopo il racconto di Compasso un'appendice che spiega la storia di Kobane e delle origini e motivazioni della sua resistenza nonché di come capitalismo e fascismo (rapporto già citato da Ivan nel suo “racconto di guerra”) miri a sovvertire, o a impedire, un qualsiasi ordine democratico (reale) slegato dalle logiche del profitto liberista.

La storia, e la contestualizzazione – non solo geografica –, di Kobane è affidata all'intervento di Nicola Romanò: “Ovunque Kobane. L'autonomia democratica nel Rojava”; contributo che cerca di tracciare il profilo geopolitico delle vicende della città tenendo conto del rapporto che l'occidente importatore di democrazia ha nei confronti di questi stati e, soprattutto, popoli, che al contrario di quanto si possa pensare, grazie al reportage offerto dallo stesso Compasso, hanno sviluppato una concezione di democrazia attiva e partecipata che nulla ha da invidiare alle costituzioni degli stati più avanzati, ma altresì capace di fare scuola, per i valori che la sottendono.

“Negli ultimi anni la crisi è servita per finanziare le guerre volute dalla grande industria: gli stati mediorientali vengono abbattuti e invasi; in altri casi come a Siria, sono stati snaturati dall'interno” (p.148)

b) sempre nella seconda parte dell'appendice si trova il bellissimo – e fondamentale – manifesto del Rojava che, punto per punto, spiega l'importanza di una società nuova, ecologica, egalitaria, democratica, che trova proprio la sua massima espressione nel laboratorio di Kobane, una città e un popolo che, non solo è impegnato a resistere, o a contrapporsi con la distruzione alla distruzione perpetrata da Daesh (conosciuto in occidente come Isis), ma nel creare una nuova società, rispettosa dei diritti di ogni individuo, e capace di autogestirsi.

“Noi popoli che viviamo nelle Regioni autonome democratiche di Afrin, Cizre e Kobane, una confederazione di curdi, arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni, liberamente e solennemente proclamiamo e adottiamo questa Carta.
Con l'intento di perseguire libertà, giustizia, dignità e democrazia, nel rispetto del principio di uguaglianza e nella ricerca di un equilibrio ecologico, la Carta proclama un nuovo contratto sociale, basato sulla reciproca comprensione e la pacifica convivenza fra tutti gli strati della società, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, riaffermando il principio di autodeterminazione dei popoli.”

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