martedì 28 luglio 2015

Dylan Dog n° 346: "...e cenere tornerai"

recensione di Mattia Sangiuliano


La perfetta linea di tiro del colpo sparato da Recchioni con quel proiettile innescato da “Spazio profondo”, albo 337, (inaugurante un punto di vista tutt'altro che banale o secondario, accennato dallo stesso Recchioni nell'editoriale del mese, a inizio albo), centra il bersaglio in questo albo di DD mandando in schegge il nostro eroe; una traiettoria, quella del colpo sparato dal curatore, che ha attraversato tutti i numeri sino ad ora pubblicati in questa nuova fase editoriale dell'indagatore dell'incubo, aprendo nuovi passaggi, esplorando altri abissi, sino ad arrivare a scavare, in questo albo, un lato inesplorato dell'indagatore dell'incubo; riuscitissimo colpo di quel Recchioni contestato aspramente ma alla fine grossomodo sempre più apprezzato – o per lo meno tollerato – da quello che si può leggere qua e la sulla rete; resistono sacche di pochi nostalgici di non si sa quale vecchio imprecisato regime di DD – forse di un filone talmente fedele all'Indagatore, da non avere uno smartphone o un pc (sda – sarcasmo dell'autore) – e che invariabilmente non apprezzano neppure una virgola del nuovo corso di DD.

Uno, nessuno, centomila Dylan Dog? Forse uno nessuno centomila immagini del mondo in cui l'indagatore di Craven Road si specchia. Così come in fondo sono uno, nessuno e centomila, gli incubi che affronta lo stesso Dylan. L'universo si ripiega in una dimensione interiore in cui l'indagatore non riesce a riconoscere la propria identità, il proprio posto nel mondo, nel suo mondo e nella sua dimensione. I detrattori del nuovo corso potrebbero dire: “così come non si riconosce nella sua dimensione editoriale”, e in un certo senso potrebbero aver ragione, ma a dissolvere questa j'accuse ci pensa senza troppi giri di parole il sopracitato editoriale che porta la firma di Roberto Recchioni.

Copertina dell'immancabile Angelo Stano, bella e inquietante come non mai, un Dylan Dog in disgrazia, quello di questo albo, seduto a terra che accetta significativamente l'elemosina da qualcuno dei suoi incubi, incubi che popolano la sua nuova realtà, la realtà distorta di questa storia, in un paesaggio futuribile, sotto un intenso cielo infuocato – una tarda torrida estate, come quella che stiamo vivendo? – gravido di presagi non troppo idilliaci, ma qui non bisogna essere meteoropati – o essere dotati del quinto senso e mezzo di Dylan – per averlo intuito, già dall'appropriato titolo biblico “...e cenere tornerai”.


Soggetto dell'albo e sceneggiatura di Paola Barbato, già citata il mese scorso, innescando una parabola tra la fine dello scorso albo e questa nuova avventura dilaniata, tra un incubo troppo reale per non essere vero ed una realtà troppo distorta per non essere creduta una menzogna partorita dalla mente del protagonista. Un viaggio immobile che porta Dylan a scavare dentro, per ritrovare un posto nel mondo, a scontrarsi con sé stesso e quelle proprie paranoiche paure che non gli appartenevano.



Disegni dei fratelli Raul e Gianluca Cestaro (La morte non basta, albo n° 330). Che dire: tavole pulite, tratti definiti, chiaroscuri che seguono le varie ambientazioni in cui la malattia fa barcollare e inciampare il nostro Dylan, seguendone gli incubi e le speranze, le paure e i sogni, le illusioni e le minacce; sotto una pioggia torrenziale, negli interni allucinanti di qualche dedalo di paranoie vorticose, in paesaggi devastati o in una stanza in cui prenderà il via lo scontro finale.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...