lunedì 27 maggio 2013

Asfodeli di Sergio Corazzini

commento e analisi di Mattia S.

Madonna, se il cuore v'offersi,
il cuore giovine e scarlatto,
e se voi, con un magnifico atto,
lo accettaste insieme a' miei versi 
di fanciullo poeta, e se voi
con l'olio del vostro amore
teneste vivo il suo splendore
e lo appagaste de' suoi 
capricci assiduamente,
perché ieri lo faceste
sanguinare, lo faceste
lagrimare dolorosamente? 
Tutte le sue gocce rosse
caddero a terra, mute,
e poi che furono cadute
il cuore più non si mosse 
e come per incantamento
in ognuna fiorì un asfodelo,
il triste giglio del cielo
de l'eterno ammonimento.
                                           (da Dolcezze; 1904)


 Sergio Corazzini (già trattato QUI per la poesia 'Desolazione del povero poeta sentimentale') è uno dei più grandi poeti del crepuscolarismo.

I tratti fondamentali del crepuscolarismo si ritrovano, in questo componimento, sposati con il tema squisitamente stilnovistico dell'amor cortese, espresso sin dalla prima parola della lirica e riecheggiato, anche formalmente, attraverso quartine di vario metro, soprattutto novenari, a rima incrociata, il cui andamento ritmico viene cadenzato dal frequente uso di enjambements.
"Madonna" implica un riferimento ad una figura di genere femminile, investita da un'aura di sacralità, cui si rivolge il poeta indirizzandole il frutto del suo amore 'alto', di matrice tipicamente stilnovistica.
Un altro topos di matrice stilnovistica viene evocato nel verso 2 da quel "cuore giovine scarlatto", roso vivo, rappresentato come un vero e proprio personaggio senziente, offerto come pegno, assieme ai versi, frutto di quell'amor cortese e idealizzato che investe e anima il poeta.
Il poeta è però un fanciullo, conscio di essere tale in un atto di profonda umiltà e scherno verso se stesso, nel tipico contesto crepuscolare (vedi "Desolazione del povero poeta sentimentale"), contro il dirompente dannunzianesimo dell'epoca. La speranza del poeta-fanciullo risiede nel fatto che l'oggetto delle sue attenzioni possa ricambiare il suo amore e tenere così vivo questo sentimento dunque lo stesso poeta, come fa l'olio che alimenta la fiamma di una lampada, provvedendo a soddisfare i "capricci" (v. 9) del suo cuore.
Riprendendo la tematica del cuore, il poeta fa declinare la prospettiva amorosa in una rassegnazione dolorosa ma, tuttavia, mai straziata, domandando a questa donna idealizzata "perché ieri lo faceste/ sanguinare" (vv 10-11) e "lagrimare" (v. 12).
Le "gocce rosse" (ancora una volta la connotazione del colore "scarlatto" - come al v. 1) prima tutt'uno con il cuore vivo, precipitano al suolo, ora "mute", spente, eco di quello stesso cuore che giace immoto, ferito. Come per magia da ognuna di quelle gocce versate "fiorì un asfodelo" (v. 18),  candido come un giglio (il candore crea un'opposizione cromatica con l'iterazioni del colore rosso dei versi precedenti), utilizzato nell'antichità come fiore sacro ai morti, ora, venendo a ricordare la morte insita in ogni esperienza, al poeta che si era dolcemente illuso "da l'eterno ammonimento".

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