venerdì 12 giugno 2015

Dylan Dog n° 345: “Gli spiriti custodi” si guardano allo specchio.

Recensione di Mattia Sangiuliano

“Gli spiriti custodi”; Dylan Dog n°345

«Avrà sentito parlare di Rock Manor: uno dei palazzi più affascinanti di Londra, come recitano le guide turistiche. Storica residenza dei Crawley, una delle casate più antiche del Regno Unito! Non sto a raccontarle chi erano i miei antenati e quanto abbiano contato nelle alterne vicende di questo paese... ma, secondo alcuni, i loro spiriti risiedono ancora fra quelle mura, secoli dopo la loro morte! Io non ho mai creduto a queste leggende... E, comunque, ho dormito per anni a Rock Manor senza vedere nessun fantasma... fino alla scorsa notte.»

"Gli spiriti custodi" – Una storia semplice, lineare, una pausa, forse, tra le storie buone che sono emerse in questa nuova fase; poco struggimento questo mese, ma ci mancherebbe: storie drammatiche e toccanti, che stuzzicano le viscere e pizzicano le corde tese dell'animo – come solo Dylan sa fare – ci vogliono! “Nel fumo della battaglia” è l'esempio più recente che ha commosso, pressoché all'unanimità, il pubblico dell'indagatore; a lungo andare, per quanto belle, si rischierebbe di rendere lacrimosa la figura del detective di Craven Road. Come lasciano ben trasparire le ultime storie la dimensione dell'indagine diviene il fulcro stabile del modus scribendi di quanti firmano le storie di DYD.


Se “Il sapore dell'acqua” poteva essere a buon diritto classificato come giallo – forse anche un po' noir, perché no, per la buona storia e per la combinazione del duo d'azione Dylan-Rakim – questo mese la dimensione indagatoria si concentra sul divertissement tutto proveniente dall'oltretomba sotto forma di eterei aiutanti. Nulla di eccessivamente orrorifico, leggero ma non troppo, qualcosa di allegramente tragicomico finanche curato nel disegno.


Un albo che non brilla più di tanto nel cielo delle buone storie di Dylan, così come la copertina di Angelo Stano che, sino ad ora, ci aveva abituati a una rosa di lavori grafici poppeggianti tutt'altro che scontati o ripetitivi, a tratti rasenti la dimensione del sublime. Interessante il gioco di colori, il contrasto della camicia rossa “viva” di Dylan che si erge al centro degli evanescenti spiriti custodi in bianco e nero che popolano la storia, passando di specchio in specchio come attraverso delle porte. Non un “Ritratto di famiglia” (tanto per citare un altro albo), quello che sembra evocare la copertina a una prima occhiata, bensì il riflesso di una dimensione posta tra realtà e incubo, porta e ponte di passaggio sfruttato dagli spiriti e offerto al lettore che prende in mano il suo nuovo albo.

Tra le firme di questa “nuova era” dilaniata emergono nuovi nomi, ma il vecchio e garantito è tutt'altro che rottamato, spiccano così artisti non proprio alle prime esperienze editoriali, addirittura qualche abitué della Sergio Bonelli Editore. Questo mese eccellente prova per le limpide, dettagliatissime e dinamiche tavole di Sergio Gerasi – DD n°307 “L'assassino della porta accanto” e per Le Storie “L'ultima trincea”, nonché collaboratore con Servizio Pubblico di Michele Santoro per le Inchieste a fumetti – ma quello che preme far emergere è il soggetto e la sceneggiatura di Luigi Mignacco, veterano nella SBE dal 1896 e firmatario di numerose storie dell'indagatore – dal novembre del 1987 –, uno che, in poche parole, sa il fatto suo – ben quindici sceneggiature di altrettanti albi portano la sua firma, mentre di queste “solo” tredici hanno disegni partoriti dal suo pugno – un nome che correda albi miliari come “Fra la vita e la morte” (n°14, solo sceneggiatura), “I conigli rosa uccidono” (n°24), “Fratelli di un altro tempo” (n°102), “L'uomo nero” (n°186) e, in epoca recente, “L'odio non muore mai” (n°324) o “Trash island” (n°328).

Allo specchio – dovrebbero guardarsi riflessi i lettori-detrattori del nuovo corso e farsi due conti, cercare di capire che non sempre tutto ciò che vuole portare rinnovamento porta anche con sé cose negative – renzismo a parte, quello fa schifo e basta – l'immobilismo rischia di corrodere, annoiare, far annegare. Può piacere o no ma, se non altro, a modo suo, l'era Recchioni ha avuto il pregio di far rinfocolare un po' la discussione e tentare di dare nuovo smalto a DD senza sacrificarne l'anima. O le firme che hanno contribuito a renderlo quello che è.

Sempre nello specchio – si manifestano le peculiari doti degli spiriti tutt'altro che sataniche incarnazioni del male, al contrario, dannati che cercano di vivere in pace la loro esistenza – se così la possiamo definire –, che possono essere visti solo da persone dotate di una certa predisposizione d'animo, o da un buon quinto senso e mezzo; a questo si aggiunge un ottuso giocatore d'azzardo italiano – molto stereotipato – da salvare, un intrico con la mafia russa, qualche persona scomparsa – variamente tolta di mezzo – e un mistero da chiarire senza troppe complicate indagini. Buone idee che vengono sviluppate senza eccessive pretese, una storia ricca di spunti; una commedia con un pizzico di indagine, rasente il police procedural, e una felice comparsata dell'ispettore pensionato nelle ultime tavole, forse un'anticipazione per il prossimo albo “...E cenere tornerai” (n°346), soggetto e sceneggiatura di Paola Barbato, firma estremamente prolifica sulla serie regolare di DYD, nientemeno che l'autrice del significativo n° 338: “Maipiù, ispettore Bloch”. Coincidenze?? Io non credo!!

E comunque vedremo... il prossimo mese.


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