domenica 9 giugno 2013

Per questo morirono, per questo vivono

di Mattia S.

Il 9 giugno del 1937, a Bagnoles-de-l'OrneCarlo Rosselli, padre della poetessa Amelia, e suo fratello Nello Rosselli trovarono la morte per mano di un gruppo di militanti della destra francese su mandato dei servizi segreti fascisti.
Molte furono le vittime innocenti del fascismo, molte furono le lapidi dei martiri che il fascio littorio disseminò alle sue spalle in nome di quell'ingiusta avanzata per il consolidamento dell'idolatria del duce. In mezzo a questo stillicidio di innocenti, di intellettuali o ancora di semplici civili, si erge come un faro doloroso, monito e speranza, il nome di Carlo Rosselli.
Rosselli votò una parte considerevole della propria vita per far cadere il nero drappo che avvolgeva la coscienza degli italiani, soggiogati dal culto personalistico di una politica antidemocratica, ingaggiando una battaglia contro il mostro fascista sin dal 1922, militando accanto a Gobetti e a Matteotti.
Il fascismo aveva millantato di possedere il segreto e l'unicità del mito nazionale. Rosselli si ribellò a questa tracotanza parlando della «falsa Italia», dell'«anti-nazione», che il fascismo aveva rappresentato. Per Rosselli il fascismo “era il nemico della patria, perché alla patria aveva tolto la libertà per costringerla a parlare, a pensare, ad agire «fascista»” (Emilio Gentile; La Grande Italia).
Il fascismo si era appropriato del mito nazionale facendone la propria bandiera da piegare e reinterpretare accanto ai vessilli distintivi di morte che erano il surrogato dell'identità stessa del movimento, “per soddisfare la propria avidità di potenza e le proprie ambizioni”.
Il nazionalismo antifascista di Rosselli ha attaccato quello stravolgimento degli ideali unitari di cui il regime si era macchiato:
Il fascismo esalta l'Italia e l'italianità. Anche noi l'esaltiamo. Ma quale Italia? Quale italianità? Quella per cui il nostro paese conta e ha contato nella storia: I suoi poeti, i suoi moralisti, i suoi eroi, i Comuni, la rinascenza, il risorgimento, l'aspra fatica di coloro che fecero delle paludi la valle del Po, che migrarono per il vasto mondo, che ancora fanno che il dittatore possa spremer sangue e denari dalla miseria.”
La vera patria italiana, proclamata da Rosselli, contro l'ipocrisia e la menzogna propugnata dal dittatore, è sinonimo della rivincita di quell'antifascismo che “lotta per fare degli italiani un popolo moderno, un popolo libero, per costringerli a rivendicare la loro essenza umana in una battaglia di intransigenti principi”.
Ma Rosselli pagò a caro prezzo per i propri ideali, vedendosi privare della libertà, dapprima con il confino, successivamente con l'esilio.
Sorse in Francia, nel 1929, il movimento antifascista Giustizia e Libertà, che accompagnò il desiderio di riscatto e la forza di rendere possibile un mondo migliore. Dall'esilio la sua voce continuò a sferzare e a incitare la rivincita della “nuova patria degli uomini liberi”, “per trasformare i servi in cittadini”.
La sua voce riecheggiò nel 1936 contro il fascismo spagnolo, sostenendo i contingenti di resistenti in quella sanguinosa guerra civile facendo vibrare la speranza di un futuro libero all'insegna del grido “oggi in Spagna, domani in Italia”.
Fu allora che, non potendo spezzare la voce e le idee di Rosselli, il fascismo provvide a spezzarne l'involucro di carne che non si era mai piegato al regime per difendere la causa della libertà.

"Tutto il mondo è vedovo", dice Amelia Rosselli in una sua celebre poesia. Tutto il mondo è vedovo di un pensatore che non tacque, celando il proprio dissenso, ma seppe tramutare in condanna i crimini e le illusioni che il Partito Fascista sventolò sin dagli albori della sua formazione. 
Rosselli pagò lo scotto della sua volontà di non adeguarsi al silenzio e all'omertà. Contro la connivenza levò la sua voce, contro la secessione levò il suo dissenso. Contro il fascismo sacrificò la propria vita.

Sulla sua lapide dei fratelli Rosselli è inciso:

«GIUSTIZIA E LIBERTÀ
PER QUESTO MORIRONO PER QUESTO VIVONO»

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