di Mattia Sangiuliano
«Quello che voglio sapere è come la
terra sia a filo con la superficie.»
Enzo Cucchi, artista
marchigiano, è esponente della Transavanguardia teorizzata
dal critico d'arte Achille Bonito Oliva nel 1979.
Cucchi, artista, uomo di
cultura dalla poetica multiforme, all'inizio della sua carriera
artistica poeta e scrittore, osservatore della natura, dello spazio,
delle forme e, soprattutto, della storia; sin da ragazzo si interessa
di quadri e di arte, si dedicherà così alla pratica del restauro,
nel capoluogo marchigiano.
Originario di Morro
d’Alba (1949), iscrittosi presso l'accademia di Belle Arti di
Macerata, sarà un attivo frequentatore del circolo intellettuale
maceratese raccoltosi attorno alla rivista Tau; predilige in questa
prima fase della sua esperienza artistica la scrittura, in particolar
modo il componimento poetico, ottenendo varie pubblicazioni sulla
rivista. Sarà poi riconosciuto nel panorama internazionale come uno
degli interpreti del movimento della Transavanguardia.
La produzione
artistico-pittorica di Cucchi muove dal 1979 e si mantiene
relativamente costante nel tempo, tra uso del carbone, penna a sfera
e acquerello. A impieghi delle tecniche tradizionali si aggiunge la
componente istintuale, mossa da quell’ansia di comunicazione che
spinge l’autore nel suo gesto artistico quasi ad aggredire la tela,
divenendo preda del furor artistico; si ritrovano così i
segni delle bruciature sulle tele delle opere di Cucchi, e
l'affacciarsi di elementi dell'arte concettuale in varie
sfaccettature, della pratica del collage in primo luogo. Il rapporto
che lega autore, materiale, ed esigenza comunicativa è quello sella
spontaneità.
Dalla osservazione
attenta dell’opera traspare, il sentimento basilare, quasi feroce
dell’uomo che plasma il materiale da lui scelto; l’urgenza di
imprimere la sensazione sulla tela, sembra quasi scavalcare ogni
sorta di progettazione, di sistematica e programmatica organizzazione
del materiale e dell'intenzione. Urgenza comunicativa sembra così
coincidere con l’impellenza di imprimere l’estro creativo, nel
suo gesto comunicativo, sul supporto impiegato dall’artista. Non si
percepisce tuttavia il moto di azioni casuali, bensì l'impressione
di un movimento collaudato volto a erodere tutte le possibilità
comunicative entro uno stesso ambito.
L'opera pittorica di
Cucchi è narrativa, spesso seguita da descrizioni che accompagnano i
singoli frammenti rappresentati dalle stesse opere, trasmettendo
immagini fantastiche in una continua commistione di ambiti e saperi,
dalla storia alla mitologia passando per la filosofia. A ciò si
aggiunge la vasta commistione di materiali, dal carboncino
tradizionale, al legno, ferro con un chiaro intento di citazione
delle tradizioni primordiali.
La narrazione sembra
quasi svincolata da un racconto omogeneo. Ogni tela è una storia a
sé, di difficile interpretazione, narrante un proprio racconto; il
linguaggio criptico di Cucchi narra evocando delle immagini,
intessendo una fitta rete di rimandi tra significato e significante,
nel procedere di un'opera modellata sul gesto spontaneo di cui si
riappropria l'artista:
“Raccontare è un gesto
molto concreto che caratterizza un’opera manifestandosi in modo ben
riconoscibile”.[1]
Spontaneità che non
vuole significare anarchia, libertà incondizionata e imprescindibile
in pieno contesto postmoderno; si lega a questo concetto, a questa
cifra stilistica dell’agire artistico, la ripetitività di certi
moduli e, non certamente meno importanti, di certe tematiche. La
pulsione comunicativa non cancella quelli che sono gli elementi
portanti del suo modellare artisticamente la materia, imprimendovi la
propria impronta.
“Quando ti si accende
il cuore e comincia a pompare con forza, per prima cosa lo devi
disciplinare; ci vuole un metodo per regolarlo, per domarlo: il
talento spinge troppo, è come un animale, devi sapere allora tenere
le briglie per armonizzare il tutto, altrimenti, quando il segno si
abbassa, rischi di scivolare nella decorazione”.[2]
Una certa crudezza
attraversa la poetica di Enzo Cucchi; la guerra, il conflitto, sono
le tematiche fondamentali che traspaiono dalla sua opera pittorica;
ricca di rappresentazioni di teschi, concorre a rafforzare la netta
separazione tra bene e male, in un conflitto continuo e perenne.
«L'arte, in ogni caso,
non si applica alle persone, ma è importante per il mondo»
“La Transavanguardia
sono Sandro Chia, Enzo Cucchi, Nicola De Maria, Mimmo Paladino,
Francesco Clemente. A tenere insieme le loro ricerche ci sono alcuni
principi: recupero della pittura, idea di contaminazione,
riassemblaggio e riciclaggio, attenzione ai codici e i simboli delle
tradizioni popolari, amore per il colore, ricerca del lato sensibile
dell’arte.”[3]
Negli artisti degli anni
'70 “la concentrazione diventa deconcentrazione, bisogno di
catastrofe, rottura del bisogno sociale. L'esperienza artistica è
un'esperienza laicamente necessaria che ribadisce l'ineliminabilità
della rottura, l'insanabilità di ogni conflitto e di ogni
conciliazione con le cose.”[4]
Unità ed equilibrio sono due aspetti utopici che l'arte cerca di rappresentare quasi trasversalmente nella loro impossibilità di raggiungimento. Difatti, per le caratteristiche tipiche di uno stesso artista, esiste una forte sperimentazione in primo luogo personale che va a toccare una gran quantità di corde e di espressioni.
Unità ed equilibrio sono due aspetti utopici che l'arte cerca di rappresentare quasi trasversalmente nella loro impossibilità di raggiungimento. Difatti, per le caratteristiche tipiche di uno stesso artista, esiste una forte sperimentazione in primo luogo personale che va a toccare una gran quantità di corde e di espressioni.
La frammentarietà del
panorama dell'epoca, in termini artistici, viene a configurarsi come
rappresentazione di quella stessa catastrofe che spezza,
annichilendolo, il “principio dell'omologazione linguistica”. Il
nomadismo su cui giocano gli artisti degli anni '70 ricrea lo
spostamento che coinvolge il muoversi da un'opera all'altra. Su tutto
il moto viene spinto dal fluire della soggettività individuale
dell'artista che con il gesto, elemento fondamentale del linguaggio,
ripristina il contatto con un “sé” prima sacrificato,
spersonalizzato: omologato; viene posta in rilievo persino la tanto
deprecata intimità. Senza escludere totalmente i valori e
l'esperienza dell'arte concettuale.
Nel panorama della
Transavanguardia si torna ad una rappresentazione per così dire
“naturalistica” intesa nella sua metamorfosi fantastica o
surreale, nutrita degli elementi topici propri dell'individualità dell'artista.
Come dice lo stesso
Oliva:
“L'arte finalmente
ritorna ai suo movimenti interni alle ragioni costitutive del suo
operare, al suo luogo per eccellenza che è il labirinto, inteso come
“lavoro dentro”, come escavo continuo dentro la sostanza della
pittura.”[5]
La cifra stilistica di
questi pittori li sospinge a rinnovare il legame e la lezione degli
espressionisti del primo novecento. Le tendenze espressive dei primi
anni '80 vengono subito definite neoespressioniste.
L'Italia è così uno dei massimi centri di discussione e di
propagazione di questa nuova esperienza artistica, di cui la
Transavanguardia
teorizzata da Achille Bonito Oliva ne è il frutto maturo.
Nella pittura
contemporanea si torna ad una pittura legata a stilemi tradizionali,
constatando il sostanziale fallimento dell'esperienza dell'arte
concettuale; si tende a recuperare le forme, ed un'idea di opera
d'arte, proprie della figurazione del XX secolo e contemporaneamente
la ricerca di una nuova espressione, riscoprendo gli elementi tipici
– nonché gli strumenti – della pittura e, soprattutto, della
figurazione; proprio quest'ultima intesa come esigenza primaria di
ristabilire un rapporto concreto con il gesto dell'artista.
La Transavanguardia si
fonda sul concetto di nomadismo inteso come movimento avulso da ogni presupposto
ideologico che vincola l'agire artistico del singolo. Transizione dall'esperienza dell'avanguardia. La pulsione
dell'artista è l'elemento fondante del fare arte, un agire
svincolato da ogni imperativo – anche morale – che non sia
proprio dell'artista che si ritrova ad attingere a piene mani dal
materiale di cui dispone.
Nel suo fondamento
teorico la Transavanguardia si configura come nomadismo legato solo
al valore dell'istantaneità del momento e dell'opera artistica; fa
proprio il “movimento” in quanto tale e l'azione slegata da un
principio di determinazione aprioristica che non viene però a
configurarsi come rifiuto post-scientifico. L'opera tipica della
Transavanguardia vuole chiudere il campo della rappresentazione
rassicurando l'occhio che la osserva, a differenza dell'avanguardia
storica sempre aperta che sembra incutere una certa inquietudine
nell'osservatore.
“Movimento” è la
cifra stilistica che caratterizza l'opera di Enzo Cucchi, quasi una
sorta di “caduta rallentata” sfruttando – aggrappandosi a – tutti i materiali disponibili, in una continua commistione di voci e
toni, atti a far precipitare l'osservatore nell'immagine, nella
rappresentazione evocata dall'artista. Una caduta che prende forma
dalla combustione del materiale che Cucchi incanala nell'opera da cui
scaturisce, come un lampo, un abbaglio, “un'apparizione”,
elemento altro dal quotidiano facendo leva in special modo su
elementi mutuati da un universo talmente intimistico da sembrare
favoloso, surreale, a tratti grottesco; irrompe una corruzione della
materia, filiazione diretta – e al contempo radice –
della creazione.
Tra vita e morte, questo
l'indirizzo nella geografia intimistica e poetica dell'artista che
costella le sue opera di numerosi teschi; a questa rappresentazione
il senso dell'essere vivi proprio in quanto radicati profondamente
nella presenza costante della morte, dello sfiorire; radice della
vita è la morte stessa. L'arte rimane vitalità pura,
rappresentazione, comunicazione e tramite, ponte gettato fra il mondo
degli uomini e quello delle forze primordiali, di cui si rende impellente la rappresentazione; molto forte il
legame tra Cucchi e un altro artista, e sciamano, come Joseph Beuys
cui l'artista marchigiano deve molto, culmine del suo personale avvicinamento all'espressionismo di matrice tedesca.
Le rovine rappresentate
da Cucchi sono il materiale su cui ergere – e da cui far ripartire
– l'intenzione di ricostruire. L'arte necessita di una “preventiva
catastrofe” che azzeri l'esistente riducendolo a repertorio di
materiali da manipolare. “La materia non si crea e non si
distrugge” e così “La potenza creativa non può inventare nulla
dal nulla, ma può umanamente assemblare insieme elementi estranei
tra loro”.
____
note e fonti:
[1]Giovannetti,
Paolo; Il racconto, Carocci (2012);
[2]Artribune, QUI (19/07/2014);
[3]ibid.
[4]Transavanguardia /
Achille Bonito Oliva; Firenze; Giunti, c2002 (Inserto redazionale di:
Art e Dossier, n. 183);
[5]ibid.
-Tonti,
Stefano (a cura di); Riflessi nell'arte, percorsi italiani tra arte
pop, concettuale, transavanguardia e citazionismo; Edizioni
Artemisia, 2004;
-Ginesi, Armando (a cura di); Pittori
figurativi italiani della seconda metà del 20. secolo: Ancona, Mole
Vanvitelliana, 16 luglio-02 ottobre 2005.
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