domenica 4 maggio 2014

«Fanciulli allo stadio». #ilcapoultrahadeciso.

di Mattia Sangiuliano

«Galletto
è alla voce il fanciullo; estrosi amori
con quella, e crucci, acutamente incide.»
("Fanciulli allo stadio"; Saba, Umberto)

Non propriamente «fanciulli allo stadio» si vedono, di questi tempi, dalla scabrosa vicenda del 2010, di Italia-Serbia – protagonista Ivan, prontamente definito “teppista” –, sino al 3 maggio scorso, Fiorentina-Napoli, disputata – nonostante tutto – a Roma, in cui l'Italia, ma non solo, dalla televisione di Stato, vede svolgersi, in tutta la sua veemente violenza, una vicenda che di sportivo ha ben poco. Dalla violenza fuori dello stadio ai fumogeni in campo, passando per i fischi durante l'Inno italiano, tutti hanno assistito all'impotenza delle istituzioni e a qualcosa di molto peggiore dell'impotenza stessa. Ci vuole poco per capire la disarmante affermazione dei cronisti che, invece di rassicurare i telespettatori, fa aumentare il disagio che muta velocemente in sdegno: “il capo ultrà ha detto di giocare”. Sui social, rimbalza subito il nesso “trattativa Stato-Mafia” in una indignazione collettiva tra amanti o meno del calcio italiano, mentre anche all'estero sbarca la notizia.

Sotto gli occhi di una politica passiva, sotto lo sguardo fiorentino del premier e del presidente del Senato, si compie l'accordo tra capi Ultras e i “servi dello Stato”; sotto gli occhi di una politica passiva l'accordo tra chi deve garantire l'ordine in nome della giustizia, non fosse anche del decoro, e un manipolo di esponenti “ufficiali” di una frangia della tifoseria.
Nello sbalordimento generale “the show must go on”. E la patita anche.

Allora tutti, nessuno escluso, persino la politica ufficiale, il paese legale, è testimone dell'inciucio, l'accordo tra forze dell'ordine e capi del disordine; da un lato le divise della polizia, spartiacque da quelle dei calciatori, e dall'altra la maglia di un fazione figlio del camorrista, che può inneggiare, sotto gli occhi di un premier, e lo sguardo del presidente del Senato, ex procuratore nazionale antimafia, “Speziale libero”; maglia che si riferisce ad Antonino Speziale, condannato in via definitiva, per i fatti degli “Scontridi Catania” del 2 febbraio 2007, per aver causato la morte dell'ispettore capo Filippo Raciti.
Gennaro “a' carogna”, figlio di Ciro De Tommaso affiliato al clan Misso, ha detto che si può iniziare, dunque che si inizi. Il silenzio assordante della politica, delle istituzioni, sono il consenso dello Stato, nel marasma generale di chi fischia, più o meno incoscientemente, l'inno italiano. C'è chi tira un sospiro di sollievo. La sicurezza è garantita. La partita è salva.

Viene alla mente l'allegra conclusione di un'altra poesia di Saba: “Goal”, in cui, il portiere della squadra, spettatore dall'altra parte del campo, quasi dall'altra dall'altra parte di un muro, non è più solo spettatore degli avvenimenti bensì partecipe della gioia del goal appena segnato.
In un orgiastico susseguirsi di scandali e torbide vicende, che di calcistico e di sportivo hanno ben poco – in un clima in cui la politica è dall'altra parte di una barriera invalicabile – propria una politica che si fa spettatrice, attraverso la sua silente passività, viene a svolgere un ruolo molto più attivo di quello che avrebbe voluto assolvere. Così, ogni spettatore politico, come il portiere di Saba, può tacitamente tirare le somme:

«Della festa – egli dice – anch'io sono parte.»

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