recensione di Mattia
Sangiuliano
Tre passi nell'incubo, tre passi nel delirio con il nuovo Dylan Dog Color Fest, n°16, che si rinnova diventando più snello e cambiando carta e cadenza; la prima novità permette di abbassare il prezzo, la seconda garantisce una resa degna di questo nome e la terza garantisce un numero maggiore di uscite per un anno solare. Tante buone notizie ma, bando alle ciance, è ora di uscire per una passeggiata fatta di "Tre passi nel delirio".
PRIMO PASSO
Un
rumore fastidioso accompagna la nostra passeggiata: è il GRICK
GRICK
prodotto dalla storia di Marco
Galli;
un'insonnia indotta da un elemento destabilizzante: un demone apparso
nello studio dell'indagatore dell'incubo – che voglia chiedere
aiuto per i suoi incubi? – porta lo scompiglio nella vita di coppia
con la bella – e tatuata – del momento. L'acquerello e
l'attenzione volutamente maniacale sui dettagli, con primissimi piani
e focalizzazioni mirate, che precedono pagine piene, giocano con la
gabbia bonelliana, persino nello sfruttare lo spazio bianco tra una
tavola e l'altra. Il tratto di Marco, felicemente sfrontato,
reinterpreta la fisionomia dell'eroe.
L'ultimo
passo ci ha fatto precipitare. Siamo caduti in un pozzo tetro e
stretto. A spingerci nel regno della Claustrophobia
è stato AKA B,
con la sua storia e il suo tratto decisamente taglienti. Siamo soli.
Soli con noi stessi, prendono forma pensieri. Ricordi, paure. Nella
solitudine l'introspezione è un modo per vincere la solitudine.
Oppure è quel passo che spinge ancor più a fondo, sino
all'esaurimento, costringe a scavare nel baratro in cui si è
precipitati. Spinge a confrontarsi con i vizi del passato e con tutti
i fantasmi, i volti che si sono incontrati. Ecco la follia che preme,
apre una crisi più profonda, forse indotta da un'allucinazione... ma
la notte sta per giungere al termine, trascinando via l'ombra di
tutti gli incubi. O quasi.
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