di Mattia Sangiuliano
Tornare
a casa la sera dopo le ventuno dopo una giornata di caccia grama per un lavoro
che regala alti e bassi a buon mercato VORREI VENIRE PAGATO PER CIO' CHE MI
PIACE, NON FARMI PIACERE QUELLO PER CUI MI PAGANO cenando con una mozzarella
fredda e un pacco di grissini una pera un mandarino regalando alle quattro
pareti ingiallite della cucina e al frigo e al vetro appannato della finestra
lo stillicidio veemente e auto-compiacente di una pioggia purificatrice di
peccati e bestemmie a denti stretti che rimbombano nel vuoto del venerdì sera
il consuntivo maturo e marcio di un fine settimana che non finirà di certo poco
prima di aver temporeggiato con qualche parola letta distrattamente su un libro
o di un salto in bagno e due mani d'acqua gelata in faccia per sedare i tre
cerchi degli occhi e della testa ma ci riesce solo a tratti prendere le chiavi
della macchina senza riscaldamento e autoradio sgommando in folle ad ogni stop
sul manto stradale fradicio per sentire le note di quel fischio acuto il grido
di una vecchia grigia amica del ‘93 nelle orecchie per andare a tutta birra ad
arenarsi al gelo di un pub visto sempre e costantemente dall'esterno o in
qualche parcheggio seduto sul cofano della macchina schiantando goccia a goccia
le nebbia gelida della notte in compagnia solo per riscoprire la gioia di non
essere solo e sentire vivo anche il rammarico pungente di aver parlato così
tanto da non aver più nulla da dire con la lingua impastata con qualche cazzata
e una battuta di spirito che riesce a varcare il muro di apparente silenzio nel
quale sembra di aver trincerato ogni altra sorda emozione facendo scoppiare le
distanze arginando in quella manciata di ore il rancoroso rammarico di
reiterare la stessa giornata all'infinito moltiplicata per una sequela
ininterrotta di turpi chiari di luna ogni cazzo di mezzogiorno di fuoco passato
a fissare negli occhi perfetti estranei che non hanno nulla di contrattabile
costringendoti a ridere e a guardare il boccale mezzo pieno raccattando le
briciole con dita inumidite per le troppe strette di mano regalate al prossimo
tuo ma mai a te stesso e facendosi scivolare addosso il ronzio nelle orecchie
prodotto dal turbinante mar morto che si chiude sopra.
Per
oggi basta. È ora di andare ad annegare sorso dopo sorso nel gelido bicchiere
della staffa fatto di volute di nebbia.
Nessun commento:
Posta un commento