lunedì 21 dicembre 2015

DISSIPATIO

di Mattia Sangiuliano


Tornare a casa la sera dopo le ventuno dopo una giornata di caccia grama per un lavoro che regala alti e bassi a buon mercato VORREI VENIRE PAGATO PER CIO' CHE MI PIACE, NON FARMI PIACERE QUELLO PER CUI MI PAGANO cenando con una mozzarella fredda e un pacco di grissini una pera un mandarino regalando alle quattro pareti ingiallite della cucina e al frigo e al vetro appannato della finestra lo stillicidio veemente e auto-compiacente di una pioggia purificatrice di peccati e bestemmie a denti stretti che rimbombano nel vuoto del venerdì sera il consuntivo maturo e marcio di un fine settimana che non finirà di certo poco prima di aver temporeggiato con qualche parola letta distrattamente su un libro o di un salto in bagno e due mani d'acqua gelata in faccia per sedare i tre cerchi degli occhi e della testa ma ci riesce solo a tratti prendere le chiavi della macchina senza riscaldamento e autoradio sgommando in folle ad ogni stop sul manto stradale fradicio per sentire le note di quel fischio acuto il grido di una vecchia grigia amica del ‘93 nelle orecchie per andare a tutta birra ad arenarsi al gelo di un pub visto sempre e costantemente dall'esterno o in qualche parcheggio seduto sul cofano della macchina schiantando goccia a goccia le nebbia gelida della notte in compagnia solo per riscoprire la gioia di non essere solo e sentire vivo anche il rammarico pungente di aver parlato così tanto da non aver più nulla da dire con la lingua impastata con qualche cazzata e una battuta di spirito che riesce a varcare il muro di apparente silenzio nel quale sembra di aver trincerato ogni altra sorda emozione facendo scoppiare le distanze arginando in quella manciata di ore il rancoroso rammarico di reiterare la stessa giornata all'infinito moltiplicata per una sequela ininterrotta di turpi chiari di luna ogni cazzo di mezzogiorno di fuoco passato a fissare negli occhi perfetti estranei che non hanno nulla di contrattabile costringendoti a ridere e a guardare il boccale mezzo pieno raccattando le briciole con dita inumidite per le troppe strette di mano regalate al prossimo tuo ma mai a te stesso e facendosi scivolare addosso il ronzio nelle orecchie prodotto dal turbinante mar morto che si chiude sopra.

Per oggi basta. È ora di andare ad annegare sorso dopo sorso nel gelido bicchiere della staffa fatto di volute di nebbia.

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