domenica 29 giugno 2014

Luigi Pirandello, l'umorismo dell'esclusione

di Mattia Sangiuliano

«È molto più facile [...] essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini, si dev'esser sempre.»

La citazione del giorno di Wikipedia, tratta dall'Enrico IV, celebra così l'anniversario della nascita di Luigi Pirandello, nato il 28 giugno del 1867, .

L'esclusa (prima a puntate tra 1901 e 1902, poi in volume nel 1908) percorre, già come primo romanzo dell'autore, le tematiche fondamentali di Pirandello, apparentemente ancora legate ai canoni propri del verismo ottocentesco – a incominciare dalla dimensione regionale –, tende però a distanziarsene per approfondire determinati motivi di fondo che vanno a connotare la vicenda della protagonista, Marta Ajala.

Il pensiero di Pirandello muove proprio dalla parziale sconsacrazione dell'impianto verista, rifiutando, similmente, le maggiori dottrine filosofiche, attingendo invece ad ampie mani ad una concezione irrazionalistica della vita.

Da sempre appassionato di questioni teoriche, lo stesso Pirandello teorizzò il crollo di ogni concezione filosofica quando all'interno dell'uomo prevale la bestialità, vale a dire l'elemento irrazionale della bestia stessa che risiede nell'uomo. Lo stesso scritto fondante della sua poetica, L'umorismo (1908), viene costruito su un impianto anti-tradizionalista, una sorta di esposizione colloquiale lontana dall'impostazione rigorista di tipo filosofico tradizionale.

Il romanzo L'esclusa, scardinando lentamente gli elementi della scuola verista, va a colpire il fulcro della tradizione e dei valori tipici del meridione vale a dire la concezione stessa dell'onore, inteso come mos, diritto e dovere individuale, nonché foedus, patto sacro che governa i rapporti tra individui di una stessa collettività.
Attraverso il personaggio di Marta l'obiettivo è dunque quello di far emergere il tema dell'esclusione sociale e famigliare, facendo dominare su tutto l'umorismo.

Proprio l'umorismo, e l'ironia che attraversa l'opera, può spiegare, chiarificare al lettore, lo svolgimento della vicenda dell'ingiustizia che colpisce la protagonista femminile, già quasi solo per questo suo “essere donna” come macchiata dello stesso peccato originale. La concezione pirandelliana dell'umorismo come sentimento del contrario traccia, nell'ultima parte, la parabola che porta a compimento l'opera giustificandone l'epilogo, nella chiave della stessa ironia che descrive lo svolgersi degli eventi.

L'umorismo di Pirandello è così esprimibile su due livelli, il primo è quello della descrizione dei singoli personaggi, nelle vivide tinte che lo scrittore imprime loro, mentre il secondo livello è quello proprio della trama stessa dell'opera, ravvisabile in maniera preponderante dalla seconda metà del romanzo sino alla sua conclusione.

Come dice lo stesso Pirandello ne L'umorismo – traducendo e parafrasando l'Essai sur le génie dans l'art di Séailles:
«l'opera d'arte è creata dal libero movimento della vita interiore che organa le idee e le immagini in una forma armoniosa, di cui tutti gli elementi han corrispondenza tra loro e con l'idea madre che le coordina.» (p. 171)
Il concetto seaillesiano di “libre mouvement de la vie” definisce, anche per Pirandello, la spontaneità del movimento artistico; moto artistico questo che, in Pirandello, sottostà al progetto che l'autore ha per la sua opera.

Protagonista della vicenda è Marta Ajala, in primo luogo colpevole di presunto adulterio nella parte iniziale del romanzo ma, a ben vedere, colpevole di essere donna, figura femminile macchiata di una colpa primordiale e informe; gesto eroico di Marta la legittima negazione dell'accusa che si muove vox populi, secondo i dettami di un'inquisizione popolare, che si propaga di bocca in bocca, di malalingua in malalingua. Il sottrarsi dal giudizio e dall'accusa del popolino non fa che alimentare le accuse dei pubblici inquisitori, indipendenti dalla figura del marito tradito, Rocco Pentagora; l'eroismo, per certi versi l'atto di conquista della legittima libertà, ha il valore sacrale di spezzare quel vincolo di proprietà che la società patriarcale ha sul genere femminile; una volta libera, Marta, sperimenta l'indipendenza della sua persona, scegliendo senza farsi scegliere – ricordando le parole di una canzone di De André – imponendo la sua decisione; accettando così, sino in fondo, la colpa attribuitale.
Il ribaltamento della vicenda è quello della conclusione dell'opera, in cui, Marta, perdonata e riaccettata nella casa di Rocco, si è, a insaputa di tutti, effettivamente macchiata di quella colpa che le veniva prima ingiustamente attribuita.

Il rapporto inestricabile tra finzione-realtà dell'Enrico IV non è dissimile da quello che attraversa e delinea i contorni dell'Esclusa pirandelliana, nella chiave di una ironica lettura che l'autore da del rapporto realtà-apparenza; dove la follia dell'Enrico lascia il posto alla “follia” irrazionale di una vicenda, come quella di Marta Ajala, slegata da ogni canone tradizionale, a suo modo insensata.

L'universo de L'esclusa viene così a poggiare sull'inversione di valori in qualche modo tradizionali; Marta Ajala è protagonista ed eroina di quella sua vicenda personale, a tratti drammatica; gli uomini, i maschi, sono tutt'altro che eroi, esseri comuni mossi da pulsioni elementari, animalesche, figli di quell'ottica maschilista e patriarcale contro cui sembra muoversi la critica pirandelliana racchiusa nel romanzo. I personaggi maschili, mossi dai loro istinti, non conoscono nessun connotato di valore positivo; trovandosi sulla strada Marta, non sono compassionevoli nei suoi confronti; ne gentiluomini ne tanto meno eroi, sono portati a calpestarla o, schiavi dei loro desideri, ricoprono la protagonista di attenzioni e lusinghe, solo con l'intento di concupirla rivelandosi così ancor più biechi e macchinatori inconsapevoli.

Personaggi grotteschi si accostano alla protagonista, caricature di esseri umani, uomini sordidi nel loro atteggiarsi di fronte a Marta; a incominciare dallo stesso Rocco, geloso personaggio che tradisce la sua donna credendo al presentimento che l'adulterio si sia realmente consumato carnalmente alle sue spalle, solo perché la donna coltivava un rapporto intellettuale con un altro uomo, l'Alvignani; spaventato, più che per il tradimento in sé teme il gesto delle corna che rappresentano già il simbolo e l'onta, l'offesa, della sua famiglia.
Non è certo meno gentile tutta la costellazione di personaggi maschili che circondano la protagonista, a incominciare dal padre di Rocco che sembra trarre soddisfazione dalla decisione del figlio nel cacciare di casa Marta, ricordandogli le corna che già appestano la famiglia; c'è poi il padre della stessa Marta, Francesco Ajala, conservatore irascibile, amante dell'ordine, dalla salute infine cagionevole, ammalatosi proprio a causa dello scandalo che colpisce la sua famiglia attraverso Marta; a tanto porta la religione e il culto di quell'unico valore che tutto sovrasta e ricopre, guidando e governando, le esistenze di tutti: l'onore.
Altri personaggi interessati che Marta incontra, emergono dalla cerchia dei tre professori suoi colleghi: Mormoni, alto, grasso, studioso serio cui fa da controparte il professore Nusco, piccolo, gracile, timidissimo, uomo di gusto e gentilezza non comuni. Ma sarà Matteo Falcone, con la sua bruttezza e connotazione animalesca a presentare un alto grado di complessità psicologica, al di là della fissazione che prova nei confronti della propria deformità fisica, schiavo della visione perversa che ha della vita, anch'essa deforme, in cui vive, anela così ad ottenere i favori di Marta.
Altro personaggio, infine, è l'Alvignani, colui che, mosso da un innocente desiderio di coltivare il piacere delle belle lettere aveva intessuto quello scambio epistolare con Marta, con il risultato di aver fatto credere al marito di lei che il tradimento era stato realmente consumato alle sue spalle. Verso la conclusione del romanzo, presente sulla scena, l'Alvignani fa cadere la sua maschera di raffinato gentiluomo attirando a sé Marta con la scusa di riscoprire e coltivare quelle antiche conversazioni.
Attirata dalle belle parole e dalla innocenti dichiarazioni dell'Alvignani, Marta finirà con il tradire Rocco.

Tutta la costellazione dei personaggi pirandelliani di questo romanzo, anche i più marginali, sembrano costruiti su questa antitesi che, in Marta, per diversi motivi, non vedono altro che un oggetto, una proprietà da possedere o da dismettere, gettare o ripudiare, una cosa non una persona; da qui l'atto di coraggio e di forza della protagonista che, nonostante esclusa dalla società, aliena dai valori che la circondano, decide di intraprendere la propria battaglia personale di autoaffermazione. L'esclusa, eroina moderna, attraversa questo microcosmo di valori coercitivi e mortificanti opponendosi a tutti quei personaggi femminili che, soggiogati e sommersi, hanno scelto di non lottare o, peggio, hanno deciso di non decidere, di non schierarsi bensì di rifugiarsi negli stessi valori che ne fanno di fatto delle escluse o nella fede cieca in un bene superiore, accettando la condanna che pesa su di loro in quanto donne.

L'umorismo pirandelliano gioca allora sulla specularità della struttura, non soltanto sulla mera forma dei personaggi – a tratti grotteschi – ma sull'impianto del romanzo, mostrando proprio come l'innocente Ajala, prima esclusa immotivata, eroina riuscita a vincere con rettitudine e una moralità da tutti non riconosciutale il monopolio di una società maschilista e coercitiva, sia poi riammessa nella cerchia domestica rea di tradimento.
Il ribaltamento della scena segna l'avvio verso l'epilogo del romanzo, ricorda lo stravolgimento delle commedie plautine della Roma arcaica, in cui prima dell'epilogo incomincia il ripristino dell'ordine originario precedentemente sacrificato in nome della scomposizione dei valori tradizionali, facendo dominare sulla scena, sin dall'inizio il caos e il sovvertimento generale che ha caratterizzato la vicenda, la fortuna, forza che agisce sopra ogni cosa, riesce a ricomporre il quadro verso una moralità accettabile.

In maniera antitetica, L'esclusa di Pirandello è attraversata da un lento movimento di quella fortuna che avvolgendo il narrato, dall'inizio, in cui i personaggi prendono forma a poco a poco con accenni a quella vicenda che va via via delineandosi, attraverso la serie di vicende di Marta che sembrano piagare irreparabilmente le vicende della sua esistenza, sino alla conclusione, sembra far mutare il quadro iniziale; così l'esclusione della protagonista altro non è che un'ingiustizia perpetrata ai suoi danni, e la sua rivincita un dato accettabile.
L'umorismo di Pirandello trova così il suo giocoforza nel ribaltamento finale in cui Marta, prendendosi la sua rivincita di donna ferita e sfruttata, stravolge quella impostazione che la vedeva integerrima eroina, vittima e martire silenziosa, in una società reificante e spersonalizzante, contro il valore sacrale dell'onore.

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