mercoledì 1 maggio 2013

Nuovo inizio

di Mattia S.

-Hai preso tutto Samu?
-Si, Mà
-Anche il violino?
-Ce l'ho in mano, e poi vado su per questo!
-Certo, certo; mi raccomando però: stai attento su. Poi ti chiamo appena arrivi. Il caricabatterie lo hai preso?
-Si Mà, è in valigia
La madre abbraccia Samuele e, nonostante le rassicurazioni del figlio gli tira su, fino al mento, la lampo del giubbotto. Come si gira, dopo qualche altra materna raccomandazione, il figlio sospira, sorridendo, e si abbassa di una spanna la zip della giacca. Alla fermata dell'autobus ci sono praticamente tutti: dai genitori di Samuele, ai ragazzi del pub Highlander: la gioventù bruciata, come dicono gli anziani del quartiere, quelli che giocano a briscola nei baretti della zona. I ragazzi parlano tutti tra loro e alcuni rumoreggiano spintonandosi e intonando qualche coretto da stadio diretti da Marco che, per farsi vedere meglio dai coristi improvvisati, è salito in piedi su una panchina.
Sono tutti venuti per salutare Samu, in quella mattinata insolitamente fredda di inizio aprile. Il caldo si fa attendere, nello spiazzale antistante il pub, i più si stringono le giacche sul collo; anche Samuele ha indossato un pullover scuro sotto il suo King George delle mezze stagioni. Il sole è sorto ma non riesce ancora a scavalcare i palazzoni che accerchiano il centro scambiatore, il quartiere del piano, come lo chiamano in città.
La sera avanti Samuele si era sobriamente congedato dai suoi colleghi, amici e insegnanti, della scuola di musica nel tardo pomeriggio, sulla scorta di uno struggente passaggio del Tannhauser wagneriano. Dopo i saluti, gli imbocca al lupo, e gli auguri di rito ha riposto lo strumento e senza pensarci troppo è andato via, in fondo non aveva nulla di cui dispiacersi o di cui commuoversi, le note dell'overture avevano detto tutto quello che lui non era riuscito a dire, o a pensare, in quegli ultimi mesi. "Le parole finiscono dove incominciano le note" era solito pensare prima di eseguire un difficile passaggio, per cercare l'adeguato raccoglimento. Mentre si stava allontanando dalla scuola, il cellulare incominciò a vibrargli insistentemente nella tasca dei pantaloni. Armeggiando con la custodia e i pantaloni riuscì a estrarre il telefonino: l'inconfondibile numero di Chiara campeggiava sul display.
-Pronto Chià! Ciao, come và?
-Pronto Samu! Ciao! Io bene e tu? Che fai non vieni al pub? Oggi ci siamo solo io e Cristina.
-Beh... senz'altro- rispose un po perplesso Samuele, per poi aggiungere con aria da finto scocciato: -Se proprio devo...-
-Haha, certo che devi. Allora ci vediamo qua- disse Chiara, riattaccando.
Senza pensarci troppo, con una piccola virata si diresse verso il pub. Solamente quando si avvicinò al locale, si accorse che qualcosa non andava: il locale era deserto e silenzioso. Fuori, sulla piazza, nessuno stava fumando o era intanto a lanciarsi le pigne cadute dagli alberi. Era deserto. Quando però aprì la porta e incominciò a capire, era troppo tardi: un coro lo sommerse "Artista!" e un sonoro scroscio di applausi e di gente che sbatte i piedi per terra lo travolse. Samuele, sorpreso, riuscì però a sorridere e a salutare i suoi amici, ringraziandoli tutti, uno per uno; mentre Marco, in piedi sopra il tavolo urlava -E non ci lasceremo mai!-
-Daje Marché!- si sentiva urlare in risposta ai suoi acuti.
Dopo qualche battuta e una cena tra amici è stato proprio Samuele a scegliere il cuore del quartiere come luogo per il saluto, in primo luogo per non fare un torto alla loro amica Cristina, che lavora al pub e, soprattutto, per non partire in treno, vedendo le facce di tutti loro che si sarebbero allontanate, mentre il suo vagone correva lungo i binari. Il luogo in cui si sono incontrati per anni sembrava l'ideale, da preferire al grigiore della stazione del capoluogo. Quando la sera prima ha proposto il pub sono stati tutti d'accordo. Da qui partirà in autobus per la stazione, e dalla stazione prenderà il treno diretto alla volta della sua nuova città, in cui perfezionerà la sua passione.
La madre fa un passo di lato, tanto quanto basta per far avanzare il padre che, nella sua divisa da conducente, sembra un po reticente ai saluti e ai riti del saluto. Dopo i primi passetti che compie verso suo figlio, a Samuele sembra quasi che la piazza sprofondi in un innaturale silenzio, è conscio del fatto che sia solo un'impressione, eppure sembra quasi che i cori si siano affievoliti e le voci un poco chetate, persino il venticello che si insinuava a grattare la gola sembra essersi calmato.
-Mi raccomando eh! In gamba Samuele!- dice semplicemente il padre
-Si papà, come sempre!-
Il padre si fa avanti e quasi meccanicamente si stringe il figlio, in un abbraccio teso. Samuele sa però che non è un gesto di fastidio da parte del padre bensì, semplicemente, il suo modo di dimostrare affetto. Nel corso dell'inverno è stato già abbastanza difficile, per Samu, affrontare il padre e far valere i suoi vent'anni e la sua decisione di voler proseguire i suoi studi in una città più grande.
-Grazie papà-
-Niente, dovere- risponde sempre con quel suo connaturato meccanicismo il padre.
"In fondo è fatto così" pensa Samu.
Gli amici di Samu continuano a strepitare. È il turno di Marco che vuole essere il primo a salutare il suo amico dopo i familire e per questo salta giù dalla panchina. Su questo terreno gioca in casa. Mentre scende dalla panchina, Samu lo anticipa: -Hei Cucciolo, non vieni a farmi le feste?!-
-Ma tu guarda che pezzo...- esclama Marco basito che, lanciando un'occhiata ai genitori di Samuele, in mezzo allo sbellicarsi dei compagni, corregge il tiro: -... di un Artista!-
Ma facendosi avanti sorride allargando le braccia: -Viè quà coso!- esclama minacciandolo con un abbraccio. -Fà piano bestia, ho il violino! Se me lo rompi mi tocca rimanere qua a vedere il derby con te!-
Ma facendo finta di niente afferra l'amico e lo abbraccia, mutando improvvisamente tono: -"Sempre in forma", sei il migliore!-
-Sempre in forma- conferma Samu dando due pacche sulla spalla dell'amico -grazie Marco, ci vediamo fra poco più di un mese-
E mentre scioglie l'abbraccio del suo amico riprende il consueto tono bonario esclamando: -E tanto il derby lo abbiamo vinto la settimana scorsa, 2-0 all'andata! Haha-
-Morti de fame compra arbitri!- si sente da dietro.
-E no ragazzi- dice Marco allargando le braccia tra le risate del gruppo -due cose non dovete toccare, mia sorella e La squadra, che poi m'incazzo!-
-Hahaha-
Anche Samuele sorride, mentre Marco afferra per il bavero della giacca quel cappellone di Luca, che stava tentando di sgattaiolare via, e lo sommerge di coppini citando tutte le vittorie della stagione con il relativo punteggio e l'elenco autori di reti, nonché l'appendice dedicata agli assist.
-Il solito! Non è vero?- Davanti a lui c'è Chiara che lo fissa con quei suoi occhi chiari. Samuele sorride, quello sguardo basta a non fargli pensare più a nient'altro, l'intera piazza potrebbe sprofondare nel silenzio. Il fatto strano però è che ora tutti si sono fatti realmente un po più silenziosi.
-Ci piace così- conferma Samuele.
Chiara è davanti a lui, sa che sarebbe riduttivo definirla "bella come sempre", una frase fatta, di rito e scontata. Il fatto, però, è che lui lo pensa veramente. Lo pensa quando ce l'ha di fronte come quando non è con lui, sotto i suoi occhi. Lo pensa in quella maniera che non richiede spiegazioni o delucidazioni di sorta. Lo pensa e basta.
È avvolta in un maglioncino di lana con la classica scollatura a barca che gli mette in mostra una parte della spalla e della clavicola sinistra, il tutto è riparato dal freddo grazie a una kefiah classica, anch'essa bianca e nera. I suoi capelli biondi sono raccolti dietro la nuca. Alle orecchie sono appesi i suoi classici orecchini di legno scuro, da negozio orientale, con una spirale nera che ne solca l'interno.
-Visto che alla fine ti hanno preso?-
-Bé, tecnicamente, e ufficialmente, vado su per il "provino"-
-Ma, praticamente e ufficiosamente, hanno già visto i tuoi video su youtube e hanno detto "preso"-
-Ufficiosamente si!- conferma Samuele, lasciandosi sfuggire un sorriso di falsa modestia e facendo vagare lo sguardo sulle fronde degli alberi che sovrastano le pensiline delle fermate e si stagliano sulle facciate dei palazzi che si stanno illuminando sempre di più.
-Come ti senti?-
-Un po spaventato... ma deciso!-
-Non c'hai ripensato?-
Samuele si concede qualche istante, fissando come assorto il labbro inferiore della bocca di Chiara che, stranamente, è dritto: una linea perfetta tra quelle due rosee e delicate labbra. Poche volte l'ha vista così seria.
-No- dice tranquillamente Samuele, accennando un sorriso: -quella lettera, rappresentava quello che volevo, e voglio, diventare; è l'essenza di ciò per cui ho lavorato duramente sfidando le persone che non capivano quanto fosse importante per me-
Adesso Chiara sorride, guardando negli occhi il suo amico: -Sembri più grande-
-Mi sento solo un più testardo e forse un po infantile, perché credo in questi sogni; eppure sono proprio questi sogni che mi hanno spinto avanti, a scegliere di lasciarmi indietro molte cose-
-Anche io sono tra queste?-
-Dipende: Non vorresti venire con me?-
-Vorrei tanto visitare le residenze sabaude-
-Sono tante-
-Vorrà dire che mi fermerò più a lungo, qualora dovessi venire su-
I due ragazzi si studiamo, osservandosi, ma in fondo, hanno già preso ognuno la sua decisione. Non ci sono parole che possano convincere l'altro. Samuele lo sa. Anche Chiara lo sa. Samuele appoggia la custodia del violino sulla sua valigia, sblocca le chiusure con uno scatto ed estrae lo strumento. Appoggiando il mento e posizionando l'archetto sulle corde pensa agli spartiti e, chiudendo gli occhi, ridisegna mentalmente la sagoma di Chiara che ha innanzi. Incomincia a suonare la Moonlihght Sonata pensando: "Le parole finiscono, dove incominciano le note".


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racconto precedente Rimedi evitabili di Diego Petrachi

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