martedì 29 gennaio 2013

In memoria



di quelle borse dimenticate in angusti stipetti... o sotto i letti


Quattro fondamenti del post-esame:

  1. gioia
  2. odio (verso quel mezzo pensionato di un professore che ti abbassa il voto)
  3. ritorno a casa
  4. fare tutto tranne svuotare la cartella




Quella borsa, con spalline o tracolla che sia... rimane lì. In mezzo alla stanza, su una sedia in cucina o (non di rado) in corridoio, magari davanti la porta di ingresso: monito amaro verso l’indisciplinato che abbandona la fedele compagna dei viaggi in autobus.

Triste vita quella di una cartella. Sballottata da una spalla all’altra, da un vano a un bagagliaio o sotto i piedi dentro una vettura strapiena di studenti.
Che sia di uno scolaro delle elementari o di uno studente universitario (magari già dottore) non fa differenza. La sorte della borsa e segnata sin dal viaggio di ritorno. Un salto al bar, in pizzeria, perdere la coincidenza: non possono niente per cambiare il destino di quella sacca di stoffa rigonfia di sapere cartaceo e/o digitale oramai pre-destinata all’esilio, accanto agli ombrelli o nella peggiore delle ipotesi sotto il letto, in mezzo alla polvere.
Possono passare giorni,
settimane prima che qualcuno si decida a trovare un locus degno (non sempre amoenus) per quelle spoglie di stoffa vissuta e temprata, fors'anche rattoppata, come un gladiatore.
Già.. un
“gladiatore” un guerriero che ha combattuto nell'arena sotto gli occhi di grassi e tracotanti patrizi, mantenendo l’ardore senza mai rifiutare il duello con il leone dell’ateneo. Cuciture di colori diversi dalla stoffa madre (bianco su nero, rosso su giallo...), cicatrici che solcano il tessuto.

Nemmeno i ringhi della genitrice o i guaiti del genitore che ci inciampa, spronano l’inetto a fare il suo dovere.
I libri rimangono nel suo ventre, la borsa rimane li; in mezzo alla stanza (appena spostata con il piede pantofolato se ingombra il passo), sulla sedia della cucina (come un avventore sbronzo in un’osteria), davanti all’ingresso, come se bramasse un bacio, prima del congedo, cerimoniosa amante prima della fuga.


Un giorno come un altro, un sommovimento del basso intestino ci fa rizzare dal letto; preda dello spasmo necessitiamo di un pò di compagnia scritta prima di prendere posto sul sedile di fredda ceramica. Niente ci ispira se non quel libro lasciato a metà che non tocchiamo da settimane.
Dov’è? Il bisogno preme ma non possiamo sederci a mani vuote...
All’improvviso l’intuizione nasce dal più insperato salvagente dell’inconscio [vecchio balordo quel Freud]. Ci dirigamo con un “man’de’dietra” verso qualla gonfia cartella, dietro la porta (che stranamente da due settimane non si apre completamente...mah?!). Armeggiamo con una “mà” ed estraiamo la salvezza stampata senza sovraccoperta (inutile quanto raffinato espediente per tirare su il prezzo) stringendo sempre di più il... libro.
Fuggiamo di corsa, ali d’alcèdine, senza voltarci a guardare quell’imbronciata cerniera storta.

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