di Mattia Sangiuliano
“Non
ho appiccato io l'incendio al santuario di Asclepio a Kos. Ammetto
però che l'avrei fatto volentieri, tanta è la ripugnanza che il
mercimonio della salute genera in me. Ed è una vergogna che i
gestori di queste fiere del miracolo sparse per tutta l'Ellade si
facciano chiamare anche loro asclepiadi, quasiché fossero i veri
eredi della sapienza di Asclepio. Volgari imbroglioni, usurpatori del
nome!” [1]
Vannoni, come notò
l'oncologo Umberto Veronesi, con la vicenda Stamina “ripercorre il
canovaccio della cura Di Bella”.
Da stratega delle
comunicazioni, laureato in scienze della comunicazione e docente,
sino a imprenditore nel campo della farmacologia genetica; Vannoni
passa dal sottoscala di una sua azienda di marketing in
comunicazione, alla luce del sole, alla ribalta sotto i riflettori
mediatici. Da un nome qualsiasi a padrone di cronache specialistiche
e non. Come il caso Di Bella.
La differenza più grande
si fa sentire sul campo specialistico, uno è un professore laureato
in Scienze della Comunicazione dedito a questa sua professione,
pubblicista di testi che hanno per oggetto lo studio della
persuasione; l'altro, Di Bella, un fisiologo di Modena, protagonista,
nel secolo scorso, di una delle più grandi e spettacolarizzate
vicende di cronaca scientifica che hanno per oggetto il legame che
intercorre tra politica e influenza mediatica, passando per una
piazza rumoreggiante e poco informata, scagliata contro uno stato
sordo e una medicina tradizionale – e tradizionalista.
Lo Stato, sin
dall'emergere della vicenda, viene presentato dai media lontano dai
cittadini – come del resto la stessa medicina – sordo al dolore
della gente comune, persone che soffrono nel silenzio dell'anonimato.
I media, nell'ottica della collettività si schierano dalla parte dei
cittadini, dei deboli, della maggioranza che soffre, contro una
minoranza che è lo stato, e i professori stessi. Nel caso Di Bella
La cura per molti mali gravi, e sofferenti, è a portata di mano, un
cocktail naturale da somministrare con la somastotina. Nella vicenda
Vannoni un mix di cellule staminali mesenchimali.
L'ostacolo a tali elisir
miracolanti è il muro dello Stato, di una opposizione istituzionale,
e di una medicina collusa con le case farmaceutiche.
Dove la logica della
costituzionalità di una equità di diritti incontra la richiesta
delle cure compassionevoli da apportare ai malati travalica, per una
sorta di politica delle sfere separate, la certificazione di un
prodotto sconosciuto, che non ha bisogno di essere testato prima
della sua diffusione. Qui entra in campo la speculazione mediatica
slegata dalla stampa di settore. Dato che ormai la comunicazione
delle ricerche travalica i risultati delle stesse, lo step-by-step
viene messo da parte per il bisogno di risultati concreti sul campo;
oltre le sperimentazioni bisogna accertare la cura, in una
sospensione attorno alla speranza, mentre si alimenta il bisogno di
veder realizzato il miracolo.
Una breve riflessione che
ha trovato posto come chiusa nell'edizione italiana de “La fabbrica
del consenso” di Noam Chomsky, Alberto Leiss e Letizia Paolozzi si
interrogano, in linea con l'opera del linguista statunitense, a
riguardo del legame che intercorre fra politica e comunicazione,
ragion di Stato e propaganda, tra Governo e Media:
«All'inizio la politica
latita. Irrigidita, non riesce a capire le ragioni di chi indirizza
le sue speranze su una strada diversa da quella della medicina
ufficiale. Mentre si cominciano a vedere i cortei con i cartelli, gli
striscioni, mentre risuonano i primi slogan, sono i media, la
televisione ad amplificare la protesta.»[2]
La medicina e la politica
claudicano di fronte al caso che viene fatto conoscere al grande
pubblico avido di risultati più che di risposte, sicuro di aver
trovato la pietra filosofale per la cura di ogni male. Il caso
scoppia con la propaganda mediatica che fa da cassa di risonanza
alimentando e alimentandosi nel circolo vizioso e viziato della
piazza politica.
Nel febbraio 1998 la
commissione incontra il professore per organizzare il protocollo di
sperimentazione.
Come per il caso Di
Bella, anche nel “caso” Vannoni la politica stessa zoppica
facendosi influenzare da una scarsa competenza nel campo scientifico,
la colpa è della piazza, amplificata come in un caleidoscopio dalla
pervasività mediatica che si dedica alla figura del singolo,
nell'attesa del miracolo; “«Italia dei miracoli» è stata, in
occasione dell'evento Di Bella, la definizione del Guardian”.
Un
miracolo preso alla leggera poiché già da tempo si conosceva il
metodo del fisiologo modenese originario di Catania, lontano dalla
scienza ufficiale – quella difesa dallo stato – che proponeva un
nuovo modello di approccio alla cura del paziente, investendo in
primo luogo tempo e attenzioni al paziente stesso. Ancora il risalto
mediatico di una raccolta di dati che portano al costruirsi di
un'immagine che parla da sé, l'immagine di un perseguitato politico,
che vede dalla parte degli aguzzini i difensori della medicina
ortodossa e tradizionale, che è solita fare affari d'oro con le
multinazionali del farmaco, in una continua spirale di interessi ai
discapito proprio dei singoli individui.
Ancora
una volta il danno del medium che piega e deforma la figura viziata
di parzialità, inseguendo lo spettacolarismo delle vicende, in cui
l'informazione si getta a capofitto nell'inseguire la sofferenza, il
“miracolo” e il “miracolato”, ma prima ancora il morboso
attaccarsi alla speranza.
La
vicenda analoga è quella del Siero Bonifacio,
un preparato distillato da un veterinario, tale Bonifacio, attorno
agli anni 60, impiegando feci di capre macellate, nella distorta
teoria che questi animali non si ammalassero di questa patologia.
Ancora in questo caso le prove scientifiche vengono messe da parte,
il risalto mediatico della vicenda raggiunge le stanze del potere
amplificando al sua portata dirompente ed 'epocale'; allora è il
Ministro della Sanità Camillo Ripamonti in prima persona che approva
il progetto di sperimentazione. Un progetto ovviamente destinato al
naufragio di un fallimento e un rapido ritrattamento.
Stesso
destino di naufragio che, ad anni di distanza, colpisce il preparato
Di Bella i cui test, voluti dalle stanze del potere in concomitanza
con le manifestazione che infiammano le piazze, danno i primi
risultati: negativi. E negativi saranno anche i successivi responsi.
Il veicolo mediatico non cessa la sua corsa: riproporrà la stessa
disperazione in altra chiave; cambiano protagonisti e luoghi, ma non
le storie, solo il movente muta nelle vere e proprie propagande della
disperazione. Se prima si additava il sistema ritenuto inefficiente
ora è la stessa disperazione a traboccare dagli argini, dopo il
crollo della speranza nel miracolo che non è avvenuto.
Analogamente
anche il metodo Vannoni ripete gli stessi esiti e le stesse
conclusioni, ma, per certi versi, con minore impatto sociale. I media
però continuano a pervadere la vita di tutti i giorni, se non è più
la stampa tradizionale, la TV di stato, o le trasmissioni di
approfondimento, sono le reti del divertissement e le reti digitali
che questa volta distorcono l'informazione e la realtà escludendo
dalla loro prospettiva il parere scientifico. Sono il programma
televisivo de “le Iene” allora a portare in scena il dibattito,
sollevando la questione critica ai danni della medicina ufficiale,
fomentando, ancora una volta “l'unzione mediatica”, giocando
sull'audience della disperazione, contro una medicina ancora una
volta dall'altra parte della barricata, mentre i malati sono lontani
anni luce.
Il
metodo Stamina propugnato da Vannoni inficia il campo della scienza
ufficiale su più punti, travalicando il labile confine che separa
questioni di etica dalla cura metodologica e clinica, in un parola:
scientifica. Mancando prove, riscontri reali, dati oggettivi ed
essendo lo stesso documento di deposito del brevetto – subito
rifiutato dalle autorità competenti – frutto di superficialità e
parzialità tutt'altro che scientifica.
Già
dalla definizione tecnica il metodo risulta esageratamente efficace,
ma a questa presunta e dichiarata efficacia mancano prove concrete e
condotte nel rispetto delle metodologie richieste, facendo
riferimento non a terzi bensì a rilevamenti della stessa fondazione
creata da Vannoni.
Nonostante
una torbida vicenda scientifica, la stessa rivista Nature
criticherà il metodo Vannoni chiedendo persino al Governo italiano
di non assecondarlo, questi avvierà un protocollo di
sperimentazione.
Il
metodo però non riscontra da subito una possibile applicazione,
nonostante la delibera della Camera il 15 maggio 2013 per l'avvio
della sperimentazione, è lo stesso Vannoni a procrastinare la
presentazione del documento che avrebbe avuto per oggetto le linee
guida del progetto di sperimentazione, per ben due volte. A seguito
di un ulteriore terzo rinvio la sperimentazione non è stata avviata.
Mentre
dati e controversie trapelano, e la vicenda fa pendere capi d'accusa
sulla testa dell'imputato, facendo da contraltare alla penuria di
riscontri positivi, fa eco la pochezza con cui organi di informazione
trattano fonti e osservazioni scientifiche soggette alla faziosità
degli organi non ufficiali.
In
una situazione di mancanza di confini e regolo deontologiche da
rispettare, in cui il dolore diventa merce di scambio su cui lucrare,
anche l'informazione, gioca un ruolo tutt'altro che di secondo piano,
in cui si alimenta la speranza di un miracolo, e la disperazione del
fallimento, in una offesa a un pubblico di persone che ascoltano e si
affidano a speculazioni, risvolti ed opinioni; figli di una
pratica dell'informazione, come le varie scienze non ufficiali,
lontane dal giudizio di valore che Ippocrate affidò al ruolo del
medico nel suo omonimo giuramento.
“Regolerò il tenore di
vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio;
mi asterrò dal recar danno e offesa.”
[1]
“Io, Ippocrate di
kos”; Massimo Fioranelli e Pietro Zullino, Editori Laterza (2008),
p.21;
[2]
“Il partito
del “mago”” di Alberto
Leiss e Letizia Paolozzi in “La Fabbrica del consenso. La politica
e i mass media”; Noam Chomsky, Edward S. Hermann, il Saggiatore
(2008), p.410.
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