mercoledì 20 febbraio 2013

Dalla periferia


I lampioni saettano lungo la fiancata dell'autobus: stelle cadenti nel crepuscolo settembrino di un qualsiasi paesaggio urbano. Sono oramai quattro, le corse che quel ragazzo si sorbisce dall'ultimo posto del mezzo. Nulla sembra ridestarlo da quel torpore assorto che gli fa contemplare le facciate colorate delle villette e l'asfalto nero che sfuma nel sole morente. In silenzio lascia che i singhiozzi del mezzo gli cullino il capo, dunque i pensieri.

Sta pensando a suo padre, a quell'uomo rozzo e ottuso che continuamente si intromette nelle sue scelte e nelle sue decisioni. Ossessivamente gli rimbomba nella testa il quarto comandamento: "onora il padre"; si domanda come mai non esista un corrispettivo per il padre, una sorta di comma B che reciti "onora il figlio". Sa già, conoscendo suo padre, che questi avrebbe risposto persino all'Altissimo con un: "perché?! non lo onoro, forse, dandogli cibo e alloggio?".
In fondo, pensa il ragazzo, non è manco sua la colpa; forse il merito di questa "educazione all'ignoranza" è di sua madre, della nonna, surrogato dell'educazione pre e postbellica. Donna da sempre votata al culto del risparmio, esempio senile di ignoranza bella e matura.
Uomo rozzo, il padre, privo di dialettica, allergico al confronto verbale.
Il paesaggio scorre, le case allungano le loro ombre lontano dal tramonto. Le villette della periferia sfumano nei condomini del centro.
-Una volta, qui, era pieno di gente!- Esclama il conducente diretto all'altro passeggero con cui stava parlando.
-Eh! è la crisi Claudio, altro che recessione.- Fa il passeggero, sottolineando quest'ultima parola.
-Ma che?! é la gente che non ha voglia di fatigà- taglia corto il conducente.
Il ragazzo, dal fondo delle sue riflessioni, alza il capo per ascoltare il dibattito.
-Eh! tu la fai facile! i giornali dicono...
-Per me, sono tutte esagerazioni. Se vuoi veramente lavorare... il lavoro lo cerchi e lo trovi!- Sintetizza il conducente, compiaciuto di questo suo aforisma.
-Almeno sarai d'accordo col Premier...
-No! A me Lui sta sulle pal...pebre!- Recupera l'autista, ricordandosi della divisa.
Cala il silenzio all'interno del mezzo.
-Tuo figlio come sta?- Chiede il passeggero, dopo un po di silenzio.
-Eh!- sospira il conducente -Lui sta bene, è sempre il solito: testa fra le nuvole e tutto il resto-
-Studia ancora?- incalza il conducente, felice di aver trovato un argomento -Cos'è che studia?...non ricordo-
-Violino al conservatorio!- esclama l'autista -e devi sentire che... virtuosismi!- aggiunge pieno di soddisfazione.
-Ne sei molto orgoglioso, vero?- L'autista accenna di si con il capo.
La vettura prosegue per la strada parallela al Viale sino al centro scambiatore. Il motore scende di giri, il conducente fa manovra, si parcheggia nello stallo riservato e spegne il motore.
Ultime due parole con il passeggero poi questo saluta e scende. L'autista si sistema sul sedile, spiega il giornale e si mette a leggere.
Il ragazzo fissa i suoi occhi riflessi nel vetro. Non pensa a niente. Si sente vuoto. Spento, come l'autobus.
Passano i minuti. L'autista ripiega il giornale, lo appoggia sul cruscotto e avvia il motore.
Il ragazzo sospira, si alza e si avvicina alla porta vicino al conducente. Scende. Fa due passi nella strada buia poi si volge verso l'autista che non ha ancora chiuso le porte: -Ciao papà; ci vediamo a casa-

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