giovedì 25 aprile 2013

Scarpe rotte eppur bisogna andar

di Mattia S.

È giusto festeggiare la liberazione? Domanda retorica questa ma mai, come in questi giorni, scontata e superficiale. Con il passare del tempo e degli anni, sembra di essere stati risucchiati in un gorgo ideologico fatto di retorica asfittica e, in quest'ultimo periodo, di anti-retorica (ovvero una retorica che vuole semplicemente imitare e reinventare, scimmiottando, quella vigente), all'insegna dell'oppositivo non-negativo di una contestazione dello status quo che, come in una struttura dal sapore barocco, si avvita su se stessa in una contrapposizione di elementi antitetici, spesso di cattivo gusto, messi li solo per "generare" quel dato effetto voluto e pilotato.
Se da un lato, l'abitudine a 'subire' determinati costumi ha svilito le manifestazioni dando molto credito a chi addita la faziosità di queste, o il mero elemento folkloristico, dall'altro si è riuscito a mantenere vivo un ideale comune che come un filo rosso attraversa tutta la storia repubblicana, sfidando le opposizioni e le contrapposizioni ideologiche.

Il 25 aprile vede riempire i parchi e le piazze in una sorta di anticipazione del primo maggio dei lavoratori, caratterizzato da bandiere vermiglie e dalla volontà di rievocare i valori fondanti della nostra Repubblica.
Il 25 aprile piazze, parchi e spazi di ogni genere, più o meno autogestiti, vengono dati in gestione e affollati da una fiumana di persone che, tra eventi più o meno a sfondo culturale o di nicchia, ognuno a modo suo insomma, ripercorrono le tappe fondamentali della tanto travagliata liberazione della penisola. Tappa dopo tappa, magari con esplicative mostre fotografiche oppure ancora, per i più fortunati, ascoltando le parole di quelle creature rare e sempre più introvabili che sono i vecchi partigiani che la Resistenza l'hanno fatta.

Le vicenda della Resistenza prima, e della liberazione poi, non sono state caratterizzate dai soli partigiani rossi come ci insegna la storia ne tanto meno da soli uomini ma anche da donne. "L'agnese va a morire", romanzo di Renata Viganò, è costruito su una vicenda autobiografica dell'autrice che ripercorre il suo vitale ruolo di staffetta collaborante con i partigiani. Il fatto che il partigianato non fosse unito sotto un'unica bandiera ci viene ricordato dallo scrittore e partigiano Giuseppe (Beppe) Fenoglio nel suo "Il partigiano Johnny", romanzo che è un esempio del conflitto nel conflitto, della lotta fratricida all'interno di un conflitto fratricida ben più grande che rispecchia e riecheggia un disarmante scontro ideologico che si consuma tra le fila degli stessi combattenti, non scevro da opposizioni e contrasti spesso violenti.
La vicenda stessa del partigiano Johnny viene a delineare e a scandire tutta una serie di conflitti interni allo stesso movimento dei resistenti. Il protagonista, Johnny, borghese e disertore dopo l'8 settembre (1943), si unisce ad una banda di "rossi" ovvero di partigiani comunisti; nel corso di varie vicende riusce a venire 'integrato' in una banda garibaldina, gli "azzurri", partigiani dichiaratamente non-comunisti comprendenti vari orientamenti politici e ideologici, dai monarchici, ai repubblichini, passando per vari quadri delle truppe regie, scampate all'imbandamento fascista prima, e nella repubblica sociale (di Salò), dopo. Dopo il suo ingresso tra le fila "azzurre", in un passaggio del romanzo viene registrato un vero e proprio scontro tra una banda di comunisti, anch'essi italiani:
Gli diede lo sten nel solar plexus, il rosso rinculò e cadde, Johnny gli fu addosso e lo coperse tutto. Lo picchiava con lucida cecità, esattissimamente sugli occhi e sulla bocca. Mai si era sentito così furioso e distruttivo, così necessitante dell'odio e del sangue, bisognoso di altro sangue e di altre deformazioni, proprio mentre il sangue spicciava e la deformazione si delineava. Per il prossimo colpo riaggiustava con furia feroce la testa storta. ("Il partigiano Johnny" di Beppe Fenoglio, cap. 31)
L'andamento del conflitto interno procedette a fasi alterne, come annota in maniera precisa e puntuale lo stesso Fenoglio. La lenta ribalta italiana si fece attendere ma alla fine con non pochi strappi riuscì a organizzare le forze, grazie anche al segretario del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti che con la svolta di Salerno che lo vide protagonista, propose la formazione di un governo di unità nazionale, accantonando ogni pregiudizio contro il re e contro Badoglio (24 aprile 1944). La Resistenza riuscì a rafforzarsi anche grazie alla sostituzione di Badoglio con Bonomi, più vicino ai movimenti del Nord. Dopo ulteriori attriti la Resistenza riuscì a mantenersi attiva nonostante il disastroso inverno del '44-'45, a seguito del proclama Alexander che ordinava alle truppe di partigiani di sbandare "e di sopravvivere" così da riuscire a lanciare l'offensiva, prevista per la primavera successiva.
Nella primavera del 1945 la Resistenza, forte di oltre 200 mila uomini armati, sarebbe stata pronta a promuovere l'insurrezione generale contro gli occupanti in ritirata.
Portando poi, l'anno successivo, al Referendum, dunque alla vittoria di una Italia Repubblicana, contro una Italia monarchica e al successivo varo della nostra carta costituzionale, entrata in vigore il primo gennaio 1948.

Troppo spesso si è dimenticato del valore cardine della nostra Costituzione, ossia l'essere stata redatta dopo la liberazione dall'oppressione ventennale di un partito unico che si era insidiato in ogni snodo della società civili, burocratica e amministrativa, fomentando uno sterminato odio verso il sistema riuscendo a rovesciare la vita politica e arrogandosi il diritto di guida, innanzi all'unico pater patriae: il duce, ossia il condottiero, colui che nella cultura romana, guidava una battaglia all'insegna di un valore cardine che lo aveva investito, soffocando ogni voce di opposizione.

Il testo della nostra Costituzione è stato redatto da un'Assemblea Costituente che ha operato tenendo bene a mente i travagli e in ultima istanza gli obbiettivi, anzitutto sociali, della neonata repubblica democratica. Come ha ricordato la stessa Laura Boldrini (link) al momento della sua investitura ufficiale alla terza carica dello Stato, sullo scranno della presidenza della Camera dei Deputati,  il valore inequivocabile e cardine della nostra carta costituzionale è l'antifascismo.

La stessa Costituzione si è vista impugnare in occasioni spesso faziose quanto "partitiche", a volte bisfrattata da alcuni che ne volevano apportare delle modifiche alla ricerca di un personalistico tornaconto, altre volte per rinfacciare l'operato della parte politica avversa. Con il dilagare del caso degli esodati (link) sembra tutto sfumare in uno slogan di propaganda sindacale, sotto la sigla CGIL, e in sketch di satira politica, fatta da comici e contro-comici che invertono gli elementi per piegare a loro piacimento degli "aforismi" costituzionali, allo scopo di suscitare riso e indignazione, due elementi che troppo spesso sono andati a sovrapporsi e a confondersi.
Ma ciò è permesso perché si è persa fiducia in quei valori che sono stati stampati tra il 1946 e il 1947. In tempi di crisi, in tempi bui, è venuta meno, da più fronti, la volontà di credere in valori vitali, con la scusa, il più delle volte, che questi sono stati spesso e solo propagandati pedissequamente da parti politiche, solo per un tornaconto personale.

Il 25 aprile è il giorno della liberazione della nazione, dall'oppressore. È il giorno della democrazia.

In molte città italiane si festeggerà, più o meno in grande stile, ma quasi sicuramente con molta 25 aprile sempre" il secondo "Dal 25 aprile non si torna indietro". Da un lato, il primo slogan ci ricorda che non si deve relegare il 25 aprile a mera scusante di giubilo ma che la festività stessa assurge a motivazione e a raison d'être della nostra stessa essenza repubblicana e democratica, ammonendo che quei valori che hanno fatto alzare la testa ai resistenti sono ancora vivi e devono essere mantenuti tali, quel "sempre" vuole sottolineare che, oggi come allora, a scapito del buio che stiamo attraversando, alcuni valori devono essere riconosciuti come capi saldi della nostra democrazia e fondamento della nostra Costituzione; il secondo slogan invece sottolinea che bisogna guardare al presente e al futuro, senza però scordarsi del passato, poiché il processo di democratizzazione non può essere sacrificato: il processo che ha portato a spezzare le catene che ci opprimevano non può essere eliminato o invertito.
partecipazione popolare. I manifesti tappezzano le strade e i muri, ricordando i vari eventi. La mia città non fa eccezione. E proprio su questi cartelloni e manifesti, due slogan in particolare hanno attirato la mia attenzione; li voglio riproporre per sostenere quanto enunciato sino adesso: il primo recita semplicemente: "

Ricordare il valore di quegli uomini e quelle donne, di quei comunisti, socialisti, repubblichini o monarchici, che si sono opposti da il senso alla storia e da un valore inequivocabile a quelle vite; a prescindere da ogni oggettivazione ideologica le parole della canzone composta da Felice Cascione, sulla scorta dell'originale "Katjuša" russa, danno proprio il senso a quella lotta, a quella sfida delle avversità avendo ben fisso un obbiettivo comune, il futuro e la libertà.
« Fischia il vento, infuria la bufera
scarpe rotte eppur bisogna andar
a conquistare la rossa primavera
dove sorge il sol dell'avvenir. »
La temerarietà e la voglia di dire "basta", facendo ruggire quei valori fondanti della stessa comunità, poi tradotti in ideali universalistici di uguaglianza e di rispetto costituzionale, hanno accompagnato quelle migliaia di uomini che il 25 aprile riuscirono a liberare Torino e Genova dagli occupanti nazifascisti.



_____________
note:
  1. L'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (contenente "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale -comma primo- della Costituzione"), anche detta "legge Scelba", che all'art. 4 sancisce il reato commesso da chiunque "fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità" di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure da chiunque "pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche".
  2. il frammento di "Il partigiano Johnny" di Beppe Fenoglio, è stato tratto dall'edizione speciale per Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A.

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...