recensione di Mattia Sangiuliano
Un'indagine serrata per tre morti
apparentemente slegate l'una dall'altra, legate assieme solamente
dalla casualità del trovarsi nel posto sbagliato al momento
sbagliato (o nel posto sbagliato al momento giusto... fate voi). È
l'enigma celato dietro “il sapore dell'acqua” a guidare
l'investigazione di Dylan Dog.
Al fianco di Dylan, nel corso delle
indagini, protagonista femminile indiscusso, l'agente Rakim ormai di
fatto soppiantante il buon vecchio Jenkins, anche lui pensionato con
l'altrettanto buono e vecchio Bloch. Rania, contro il volere del suo
capo, l'ispettore Carpenter, chiede aiuto a Dylan per poter portare
chiarezza nella vicenda di quelle misteriose morti che sembrano avere
a che fare con un agente acido e un ciondolo ritrovato casualmente su
una delle tre scene del crimine.
È però la casualità e la longa mano
del destino a legare e a mietere le sue vittime attraverso le tavole
chiare (pochi scuri! – Cuore degli uomini docet?) uscite dalla
(poca) china di Giorgio Pontrelli, uno dei volti nuovi che per la
prima volta si affaccia sulle pagine delle serie regolare di Dylan
Dog (la sua firma correda però altri lavori in casa Bonelli per la
testata “Le storie”, o in quanto curatore del layout del Winx
Club in casa Rainbow) dando vita alla storia sceneggiata da Gigi
Simeoni che con questo albo celebra una felicissima doppietta dopo
aver segnato il mese scorso sceneggiando e disegnando l'albo 343,
Nel fumo della battaglia.
Tre delitti e un legame appena
percettibile sotto la superficie del mistero, un ciondolo che
solletica il quinto senso e mezzo di Dylan ed una pista per
l'indagine che odora di alchimia. Fa la sua comparsa una vecchia
conoscenza dell'indagatore dell'incubo e dei suoi lettori un po' più
navigati: Hamlin e il suo emporio sui generis. A quanto pare il
quinto senso e mezzo di Dylan non ha fatto cilecca e, assieme
all'agente Rakim, la pista dell'esoterismo sembra essere quella
giusta.
Azione distribuita con parsimonia, un
inseguimento e qualche ustione prodotta dall'acido (vengono alla
mente le ustioni di uno storico albo come “Oltre la morte”, n°88)
in barba a quanti lamentano il sacrificato splatter nella storia
recente degli albi di DD! Lo spauracchio di una catastrofe imminente
e qualche proiettile esploso con poca parsimonia qualche pagina prima
della fine coronano la vicenda. Et voilà!
Un buon albo, una storia tutt'altro che
banale o forzata dove il destino, il caso o, chissà, qualche dio,
sembrano muovere i fili dell'indagine e della vicenda da cui Dylan,
con lo strumento dell'intuito, riesce a risolvere l'enigma dipanando
il mistero, seguendo le piste, a volte anche false o fuorvianti, a
volte incredibili agli occhi di Rania Rakim, ma capaci di fornire
particolari logici e dettagli chiarificatori che contribuiscono a
tratteggiare, tassello dopo tassello, il mosaico del caso.
Su tutto regna l'indagine e l'intuito
di Dylan Dog; senza troppi elogi un riuscitissimo equilibrio tra
indagine classica degna di un buon giallo che non lascia nulla al
caso e la vera e propria indagine dell'indagatore dell'incubo che si
muove tra esoterismo ed occultismo, ricordandoci di diritto quella
che è la vera professione di Dylan Dog: cacciatore di incubi e
investigatore del mistero, forse anche un po' acchiappa fantasmi è
vero, ma di certo non un giustiziere con il pallino della pistola
fumante.
Una buona seconda storia di Gigi
Simeoni che se nella precedente aveva dimostrato di saper mescere
fantasia e struggimento, in questa nuova prova ci mostra la sua
abilità di saper tessere un buon giallo – senza troppe tinte
fosche – senza trascurare o, viceversa, rendere ingombrante
l'elemento di cui Dylan Dog si nutre e con cui campa: l'esoterismo e
qualcosa di difficilmente spiegabile agli occhi umani, l'incubo.
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