giovedì 19 marzo 2015

#jesuisCharlie oggi ma #changethecover domani

di Mattia Sangiuliano

Facciamo un gioco.
Cosa vedete in questa immagine:

La libertà di parola è un valore, difenderla in maniera categorica è una posizione di per sé molto scomoda perché si rischia di entrare in conflitto con una marea di altre idee che, bene o male, potrebbero anche essere in contrasto con alcuni nostri pensieri, con alcuni nostri tratti caratteriali, persino opposti al nostro stile di vita. Il primo passo è cercare di rispettare le posizioni di tutti. Per questo, ad esempio, non vado in Chiesa ma rispetto chi ci va. Amen. La libertà di parola è molto difficile da difendere, specie se diviene banderuola – o straccio – da sventolare a seconda dell'occasione, così diventa difficile accettare di buon grado tutto quello che viene propinato, in special modo se veicolato da un medium a tratti molto poco democratico come quello offerto dalla rete, in cui sono la tendenza e la presenza a dettare mode e trand, a suon di hashtag seguendo la politica del "celogrossismo" e spesso della sparata a effetto più veemente.

Questi giorni, nel mirino delle critiche è entrato il numero 41 di Batgirl ma, più che l'albo di un singolo fumetto, ancora inedito, a suscitare il malcontento e l'indignazione è la sola anteprima della copertina variant del #41 prevista per il mese di giugno. La copertina, disegnata da Rafael Albuquerque, era un chiaro – più o meno – riferimento a Killing Joke (1988) fumetto scritto da Alan Moore e disegnato da Brian Bolland. Ho scritto "era" perché a seguito delle polemiche sollevate sui social da gruppi femministi l'autore della copertina ha chiesto alla DC comics di non pubblicare la tanto criticata copertina. Richiesta che sembra essere stata accolta.

Sono venuto a sapere di questa vicenda l'altra mattina, proprio per caso mentre, mezzo assonnato, scorrevo le tendenze sulla dashboard di Tumblr dal cellulare. Tra i vari consigli in tendenza mi attira proprio questo "Batgirl" con la miniatura della copertina firmata da Albuquerque. Il primo pensiero che ho avuto è stato: "che gran figata!", questo perché ho un debole per tutto ciò che è disegnato bene, è accattivante e, come nel caso specifico, mette al centro una supereroina. Il contesto era poco chiaro, ma intrigante. Andando a cercare qua e là sui social capisco, però, che non tutti la pensano come me. Nessuna sorpresa, niente delusione, neppure l'ombra del rammarico. Sono gusti gente. Ed è la libertà di opinione baby.

È scavando qua e la e approfondendo la storia e la vicenda – fumettistica la prima, editoriale la seconda – che rimango interdetto da come la libertà di opinione, o di espressione, o, ancora, di indignazione, corredata dall'hashtag #changethecover, possa essere un'arma molto affilata, pronta a far rotolare delle testa se si sposa con la concezione di maketing che tutto sottende e tutto muove in certi campi. Libertà artistica un cazzo se le nozze vengono celebrate al cospetto del sudicio dio denaro. Tant'è: è la schiavitù dei soldoni baby.

Che poi nell'occhio del ciclone vengono a trovarsi sempre le supereroine; la scorsa estate, in casa Marvel, sotto la tempesta di critiche, venne a trovarsi la copertina variant del primo numero di Spiderwoman. Ancora una donna, animale diverso, critiche simili. La copertina speciale dell'albo, additata dal web per via della maschilistica impenitente visione in carica erotica della donna di cui faceva vanto, portava la firma di Milo Manara. Adesso (femministe di tutto il mondo unitevi!) criticare l'eros di Milo Manara è un “ti piace vincere facile” grosso come una casa, un po' come fare battute sull'attrezzo di un Rocco Siffredi mezzo nudo che vaga sull'Isola dei famosi et similia.

«Cosa vedete nell'immagine di cui sopra?» – A detta delle paladine dei diritti di genere la copertina sarebbe uno di quei possibili elementi di disturbo sociale esempio di violenza domestica. Adesso non sono molto informato sui fatti ma mi sempre che neppure il sadomasochistico rapporto tra il Joker e Harley Quinn, violento e amorale, non sia mai stato criticato così tanto ma quello, in fondo, è parte del plot, un cliché caratteriale della coppia di villain, mentre invece, nel caso della fu variant cover #41 di Batgirl, in un contesto di smaccato sensazionalismo, passata la sbornia del "siamo tutti Charlie" del mese scorso, la lacrimuccia di Barbara Gordon che emerge drammaticamente dietro la maschera della supereroina, deve aver mosso qualche sentimento di materna difesa chiamando alle armi la lotta di genere e spingendo alla (auto)censura dopo aver mutilato qualche ala.

Il veto del #changethecover ha avuto la meglio sulla libertà del #jesuisCharlie. Certo è che la colpa più grande, se non gravi sulla faciloneria di certi commenti “del genere”, o sulla codardia di qualche artista – forse spaventato dall'idea di divenire emblema di qualcosa di dissacratorio o, peggio, apologetico se non per la mera prospettiva di veder sfumare qualche contratto o collaborazione –, pesa sul sistema dunque su chi ha accettato di ritirare l'idea, e non solo quella, e di ritrattare l'agnello sacrificale per scampare la tempesta. La colpa, certamente, pesa sulla casa editrice che punta a tenere buona una fetta di possibili ed eventuali lettrici.

Ai gruppi di femministe incazzate porrei solo una semplice domanda:
«Why so serious?»



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